Turismo DOP e cultura: la sfida italiana di fare sistema
Massimo Bray, Direttore generale Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani
Nel suo intervento alla presentazione del Rapporto sul Turismo DOP, Massimo Bray ha proposto una riflessione profonda su come le parole – e le politiche – possano generare trasformazione culturale. Partendo dal lavoro svolto da Treccani nell’osservazione della lingua italiana, Bray ha ricordato che termini come “rispetto” o “Turismo DOP” non sono semplici etichette, ma segnali di un cambiamento collettivo, sociale e strategico. Il riconoscimento del valore del Turismo DOP, ha spiegato, implica l’emersione di concetti come identità, qualità e, soprattutto, capacità di fare sistema. In Italia, dove risiede oltre il 60% del patrimonio culturale mondiale, ogni iniziativa legata al turismo deve partire da questo capitale straordinario. Come ricorda la Costituzione nell’articolo 9, è la cultura – insieme al paesaggio – a fondare l’identità italiana. Per Bray, è proprio questa la base su cui costruire una nuova visione del turismo: non più frammentata, ma strutturata su una strategia nazionale di lungo periodo. L’esempio dello zafferano – coltivato dalla Valle d’Aosta alla Sicilia – diventa il simbolo perfetto di questo intreccio virtuoso tra prodotto agroalimentare, territorio e bene culturale. Nei luoghi dove lo zafferano è protagonista, si trovano borghi storici, affreschi rinascimentali, santuari secolari, siti UNESCO. Dunque, il Turismo DOP non è solo economia, ma è anche racconto, bellezza, civiltà. Bray ha sottolineato come fare sistema in Italia sia spesso complicato, ma indispensabile. È necessario superare la logica dei compartimenti stagni – Stato, imprese, Regioni, Europa – per costruire una matrice comune fondata sulla cultura italiana. In questo orizzonte, progetti come quello nazionale sui borghi possono diventare leve decisive anche per il rientro delle nuove generazioni oggi emigrate, offrendo loro occasioni di formazione e partecipazione attiva. Infine, evocando l’esempio virtuoso francese nato dalla visione di François Mitterrand negli anni Ottanta, Bray ha lanciato un appello alla classe dirigente italiana: lavorare su competenze ed eccellenze per fare del Turismo DOP un vero volano di futuro per il Paese.
Qualità, sostenibilità, sviluppo: l’Europa delle IG
Paolo De Castro ,Presidente Comitato Scientifico Fondazione Qualivita
De Castro ha illustrato gli elementi del nuovo Regolamento sulle IG, esempio concreto di come l’Unione Europea sostenga agricoltori e produttori verso modelli produttivi più resilienti, sostenibili e competitivi. Trent’anni di riforme e investimenti hanno costruito una “politica di qualità” che rende ineguagliabile la filiera agroalimentare europea, per l’eccellenza dei prodotti, ma anche per la sostenibilità. La riforma riporta in un testo unico la disciplina delle produzioni DOP, IGP e STG, garantendo coerenza e tutela delle peculiarità territoriali, e si fonda su quattro pilastri strategici: il rafforzamento della protezione internazionale delle IG, comprese la tutela digitale e nel sistema dei nomi a dominio; la semplificazione, fissando a un massimo di dodici mesi i tempi per l’esame delle richieste; la sostenibilità e la trasparenza nei confronti dei consumatori, con l’obbligo di indicare in etichetta per ogni prodotto DOP o IGP il nome del produttore e la redazione di un rapporto che spieghi in modo chiaro il valore dei prodotti anche in termini di impatto ambientale, sociale, economico. De Castro ha evidenziato il cuore della riforma, rappresentato dal rafforzamento dei Consorzi di tutela, veri protagonisti del sistema IG, a cui sono riconosciute nuove responsabilità operative. Tra queste, assumono particolare rilievo la lotta alle pratiche svalorizzanti e la promozione del “Turismo DOP”. Ad esempio, in EmiliaRomagna, grazie a 44 DOP IGP, le aree interne hanno registrato nel 2024 un aumento del +13% degli arrivi stranieri, dimostrando il forte legame tra qualità agroalimentare e attrattività. Per consolidare questo successo, è necessario un piano d’azione europeo per le IG, sul modello delle strategie per il biologico, adeguatamente finanziato e finalizzato a rafforzare la collaborazione tra i produttori. La riforma del Regolamento IG non è un traguardo, ma il punto di partenza per una nuova stagione di crescita delle filiere di qualità. Spetta ai produttori sfruttare appieno le opportunità offerte dal quadro normativo per creare occupazione, ricchezza e coesione.
Turismo DOP: un fenomeno solido che ora chiede visione
Giovanni Gennai, Ricercatore Fondazione Qualivita
Il 1° Rapporto Turismo DOP offre una fotografia nitida e sorprendentemente concreta di un fenomeno che fino a pochi mesi fa era poco definito anche per gli stessi attori del sistema IG. Giovanni Gennai illustra l’analisi sviluppata a partire da una solida base metodologica e un ampio insieme di fonti ufficiali, che restituisce un settore vivo, capillare, ancorato ai territori, ma anche in cerca di una strategia unitaria e di un riconoscimento pieno a livello politico e istituzionale. Con 585 attività censite solo nel 2024 il Turismo DOP dimostra di non essere solo una suggestione retorica, ma un vero campo d’azione economico e culturale. Un sistema che coinvolge oltre 400 soggetti organizzatori – una rete di Consorzi, produttori, associazioni, enti locali – che opera perlopiù in piccoli comuni rurali. Un terzo delle attività censite esiste da più di 25 anni, a testimonianza di una tradizione che ha saputo strutturarsi nel tempo, pur senza una regia nazionale. Il merito principale dell’indagine è proprio quello di aver “messo ordine” nel settore: con criteri di selezione chiari, con una lettura del patrimonio esistente (fisico, normativo e scientifico), e con un approccio sistemico che tiene insieme agricoltura, cultura e turismo. Un aspetto è sottolineato dalla classifica regionale descritta da Gennai, impostata su un indice sintetico che tiene insieme indicatori del settore agricolo, della Dop economy e del turismo. Perché è questa visione integrata del sistema territoriale che permette di fare letture complete e valutazioni strategiche. Non mancano le criticità: la frammentazione normativa tra le Regioni, il basso livello di informazione organizzata e di percorsi formativi strutturati. Ed emerge con forza una richiesta implicita rivolta al mondo consortile: assumere un ruolo più attivo nella progettazione turistica, uscire dalla zona di comfort e guidare le reti territoriali verso un nuovo modello economico. Il Rapporto, dunque, non è solo una mappa. È un invito. A riconoscere che esiste già una “Dop economy turistica”, ma che va coltivata, resa visibile e strategica. E che, per crescere, ha bisogno di una vera alleanza tra istituzioni, imprese e cultura.
Il quadro normativo fra valorizzazione turistica e IG
Alessandra Di Lauro, Prefessoressa Università di Pisa La normativa europea considera i prodotti DOP e IGP leve strategiche per lo sviluppo rurale e locale, per favorire la crescita economica delle filiere agroalimentari e valorizzare tradizioni, paesaggi e saperi tipici dei territori. Il legame con luoghi e comunità genera un circolo virtuoso di risorse culturali, ambientali e turistiche. Tuttavia, spiega la professoressa Di Lauro, il quadro normativo resta frammentario. Se il Regolamento UE 2024/1143 (art. 32) autorizza i gruppi di produttori a promuovere servizi turistici nella zona di origine, manca un’integrazione coerente tra le varie discipline. La governance è multilivello: l’UE sostiene e coordina la politica turistica, ma l’architettura giuridica non coglie appieno i fenomeni economici e culturali legati alle IG. Il potenziale turistico delle IG è ampio, ma non compiutamente valorizzato: dal turismo rurale e periurbano a quello urbano (visite a enoteche e ristoranti), dalle esperienze formative (stage, seminari, percorsi di educazione enogastronomica) ai circuiti del “terroir” (cantine, mercati, fiere), fino agli eventi culturali e sportivi. Le DOP e le IGP possono anche alimentare un turismo etico e sostenibile, attento alle tradizioni locali e rispettoso dell’ambiente e della qualità di vita delle comunità ospitanti. Il patrimonio economico e culturale di queste produzioni è riconosciuto a livello internazionale: l’iscrizione delle Colline del Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene nella lista UNESCO ne è un esempio, mentre il Consiglio d’Europa coinvolge paesaggi olivicoli e vitivinicoli negli Itinerari Culturali “Le rotte dell’olivo” e “Iter Vitis”. Anche il Piano Strategico Nazionale del Turismo 2023‑2027 include, seppur in termini generici, proposte di valorizzazione enogastronomica. Per costruire una strategia integrata servono risorse dedicate, interventi coordinati e strumenti digitali per l’offerta esperienziale. Occorrono guide tematiche, piani di mobilità per visitatori e prodotti, cartellonistica qualificata e una comunicazione capace di far emergere l’attrattività e l’identità dei territori. Solo così le DOP e IGP potranno davvero farsi ambasciatrici di paesaggi, storie e patrimoni comuni, promuovendo uno sviluppo sostenibile e condiviso.
Evidenze scientifiche per lo sviluppo del Turismo DOP
Luigi Mundula, Professore Università per Stranieri di Perugia
La ricerca scientifica incentrata sul turismo e le Indicazioni Geografiche, mostra alcune indicazioni evidenziate dal professor Mundula. Il turismo enogastronomico basato sulle IG coniuga tradizione e innovazione e si fa veicolo di promozione territoriale. Dal punto di vista socioeconomico, gli itinerari legati ai prodotti IG rivitalizzano le aree rurali: generano occupazione, contrastano lo spopolamento e rafforzano le reti tra piccoli produttori. In Toscana, ad esempio, le filiere del Chianti DOP e degli oli IG hanno favorito uno sviluppo inclusivo, coinvolgendo realtà artigianali e riducendo il divario urbano-rurale. Festival e manifestazioni gastronomiche creano mercati locali e migliorano il benessere dei visitatori. Sul piano ambientale, le IG offrono opportunità ma presentano anche criticità. Se alcune certificazioni promuovono filiere corte, energie rinnovabili e riduzione degli sprechi – come nel caso del Franciacorta DOP, che affianca standard ambientali a percorsi educativi – molti disciplinari non includono ancora criteri ecologici espliciti. Servono quindi strategie capaci di integrare tutela del paesaggio e valorizzazione economica. La crisi climatica impone maggiore resilienza: le mappe sub-regionali mostrano vulnerabilità crescenti e mutamenti nella qualità delle produzioni. È cruciale educare il turista al consumo responsabile, promuovendo stili di vita sostenibili. La digitalizzazione arricchisce l’esperienza senza sostituirla: tour virtuali, tracciabilità blockchain e app informative potenziano la fruizione, ma il contatto diretto con i produttori resta essenziale per creare fiducia. Infine, una governance multi-attore (comunità, istituzioni, imprese) è decisiva per bilanciare turismo e tutela ambientale. Progetti come gli itinerari del Conegliano Valdobbiadene o le pratiche alpine di transumanza dimostrano che una narrazione condivisa del territorio può distribuire i flussi in modo sostenibile. Le università giocano un ruolo strategico: formano nuove professionalità, sviluppano tecnologie per la tracciabilità e promuovono l’economia circolare. Solo così le IG diventeranno motori di rigenerazione, integrando conoscenza, partecipazione e visione olistica.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 27 / N° 02/2025