Farm To Fork e prodotti DOP IGP

Le ricadute della strategia Farm to Fork sui prodotti DOP e IGP sono molteplici. La strategia rappresenta la risposta dell’Unione Europea alle sfide ambientali, economiche e sociali che coinvolgono l’intero sistema agroalimentare europeo. Un piano decennale ambizioso che mobilita ingenti risorse, destando al contempo qualche perplessità in merito al potenziale impatto sui prodotti DOP e IGP.

Green Architecture

Nel dicembre 2019, la neoeletta Presidente della Commissione Europea (CE), Ursula von der Leyen, ha presentato il “Green Deal”. Si tratta di un programma di rilancio dell’economia europea in chiave sostenibile. Non a caso, il Patto mira a raggiungere la neutralità climatica dell’UE entro il 2050.

In linea con lo spirito che informa gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, il Green Deal traccia la via da seguire per il conseguimento di un’economia circolare, efficiente e sostenibile, senza trascurare il rafforzamento dei meccanismi che garantiscano a tutti i cittadini europei di vivere in una società inclusiva, giusta e prospera.

In tale contesto si inserisce la strategia “Farm to Fork” (“Dal produttore al consumatore”, F2F) che costituisce, assieme alla Strategia sulla Biodiversità, una delle colonne portanti su cui si regge il complesso impianto architettonico delineato dal Green Deal.

A fungere da collante fra la struttura portante e i due pilastri vi è la riforma della nuova Politica agricola comune (PAC) per il periodo 2021-2027, presentata dalla CE nel 2018.

Seppur con un budget ancora da approvare (ma attualmente inferiore rispetto a quello precedente), la futura PAC si pone come volano per l’implementazione delle misure previste dalla strategia Farm to Fork ed il conseguimento degli obiettivi posti dal Green Deal, grazie ai suoi nuovi nove obiettivi che sulla carta risultano speculari alle azioni elaborate nel piano strategico decennale.

Criticità e impatto sui prodotti DOP IGP

Tuttavia, proprio riguardo alla PAC post 2020, numerosi sono stati i dubbi sollevati in merito all’adeguatezza del budget proposto. In particolare, si è rilevato come la riduzione delle risorse, a fronte di nuovi obblighi sorti in capo ai produttori, possa ostacolare la possibilità di traghettare gli agricoltori verso un sistema produttivo sostenibile, penalizzandoli in termini di produttività e competitività. Il timore è che stabilire obiettivi e standard così ambiziosi, senza che siano adeguatamente supportati da politiche di sostegno vigorose, possa favorire le importazioni dall’estero in cui vigono standard più bassi, finendo per penalizzare proprio i produttori che sulla carta si intende tutelare.

Sulle Denominazioni di Origine Protetta (DOP) e le Indicazioni Geografiche Protette (IGP), la posizione ufficiale che il Parlamento Europeo (PE) ha approvato a fine Ottobre prevede le seguenti misure:

  • Nella modifica sull’Organizzazione comune di mercato, l’applicazione dello strumento di regolamentazione dell’offerta, finora previsto solo per i formaggi, i prosciutti e i vini protetti, a tutti i prodotti DOP e IGP;
  • Una tutela potenziata sui nomi di dominio e l’abuso di reputazione, estendendo la protezione anche ai prodotti DOP e IGP venduti online e in transito;
  • Sul fronte del Regolamento sui piani Strategici nazionali, la possibilità per i governi nazionali di intervenire a favore dei regimi di qualità con misure volte alla promozione e istituzione dei sistemi di qualità, nonché alla copertura dei relativi costi di registrazione;
  • Il rafforzamento del contributo umano come requisito per la definizione delle DOP;
  • Sui disciplinari di produzione, la reintroduzione del requisito di prove di tracciabilità sulla zona geografica di provenienza cui le Indicazioni Geografiche (IG) si riferiscono e, laddove possibile, l’inserimento di indicazioni che comprovino il contributo sostenibile del processo di produzione dei prodotti.

Quali tra queste misure saranno introdotte nella nuova PAC è ancora da definire. La proposta di riforma della PAC post 2020 è attualmente oggetto di negoziazione in sede di trilogo tra Commissione, Parlamento e Consiglio. Ci si aspetta, tuttavia, che la riforma non penalizzi i prodotti DOP e IGP, alla luce del ruolo cruciale che rivestono sia sul piano locale, in termini di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, sia sul piano internazionale, in termini di immagine, reputazione e qualità che queste eccellenze europee diffondono nel mondo.

Perchè ripartire proprio dal sistema alimentare? Qualche dato

La necessità di avviare una riforma del sistema alimentare che abbracci tutte le fasi della produzione e di farne il cuore pulsante del piano di rilancio ambientale, economico e sociale europeo prende le mosse dall’esigenza di far fronte alle nuove sfide che il comparto agroalimentare si troverà a dover affrontare nei prossimi anni. Sfide che la pandemia da Covid-19 ha reso ancora più minacciose e palpabili.

Sul fronte della salute, è dimostrato che i regimi alimentari di scarsa qualità giocano un ruolo chiave nella diffusione di malattie legate all’alimentazione, come il cancro, e dell’obesità, che colpisce in maniera allarmante buona parte della popolazione adulta europea.

Inoltre, secondo i dati forniti dalla CE, oggi la produzione alimentare contribuisce in maniera significativa all’inquinamento dell’atmosfera, al deterioramento del suolo, alla perdita di biodiversità e ai cambiamenti climatici. Il settore agricolo sarebbe responsabile del 10,3% delle emissioni di gas a effetto serra dell’UE. Oltre a ciò, il sistema alimentare odierno implica un uso eccessivo delle risorse naturali e un’altissima percentuale di alimenti sprecati. Dunque, nonostante il comparto agroalimentare sia l’unico sistema al mondo ad aver già iniziato la transizione verso un modello più sostenibile, grazie alla riduzione del 20% delle emissioni di gas a effetto serra dal 1994, esso rimane uno dei principali propulsori del cambiamento climatico.

Dal punto di vista economico, a livello mondiale si stima che sistemi agroalimentari sostenibili assicurerebbero alimenti nutrienti a prezzi accessibili, contribuirebbero a ripristinare ecosistemi vitali e potrebbero generare nuova ricchezza per un valore di oltre 1800 miliardi di euro entro il 2030.

Al fine di affrontare queste sfide, favorendo la transizione verso modelli improntati alla sostenibilità ambientale, la CE ha proposto di ridisegnare l’intera filiera alimentare in modo da ricomprendervi interventi che spaziano dal produttore delle materie prime al consumatore finale.

Il contributo dei prodotti DOP IGP alla causa ambientale e socio-economica

I prodotti italiani DOP IGP apportano significativi contributi ambientali, sociali ed economici legati al territorio di provenienza.

Sul fronte climatico, i produttori di DOP e IGP dipendono dalla protezione della biodiversità e dell’ambiente della zona in cui operano. Le caratteristiche ambientali giocano infatti un ruolo cruciale nella formazione di determinate caratteristiche qualitative ed organolettiche uniche e propedeutiche al riconoscimento della Indicazione Geografica. Ecco perché tali produttori hanno l’interesse reale a mantenere tecniche di produzione sostenibili che non abbiano un impatto negativo sul loro territorio. Inoltre, grazie alla dimensione locale intrinseca a tali prodotti, la filiera corta è spesso privilegiata e ben organizzata rispetto alle intensive produzioni industriali. Ciò candida a pieno titolo le DOP IGP come modello agroalimentare sostenibile da seguire e valorizzare nella riduzione dell’impatto ambientale.

Dal punto di vista sociale, le Indicazioni Geografiche fanno leva su una capillare rete di piccole e medie imprese, fornendo migliaia di posti di lavoro anche in aree rurali svantaggiate dove raramente esiste un’alternativa fonte di reddito.

Inoltre, i marchi DOP IGP si sono rivelati utili nel miglioramento della posizione dei produttori nella filiera di riferimento, oltre ad aver contribuito a garantire ai prodotti un prezzo migliore.

Per ottenere una filiera alimentare sostenibile è necessario operare il giusto bilanciamento tra fattori economici, sociali ed ambientali. Da questo punto di vista, le DOP e IGP italiane rappresentano un modello virtuoso da preservare e valorizzare anche in nome del notevole contributo che esse possono conferire al raggiungimento degli obiettivi fissati nella strategia Farm to Fork.

La Strategia F2F

Pubblicata nel maggio 2020, la strategia Farm to Fork ha l’obiettivo di rendere, entro il 2030, il sistema alimentare dell’UE – già all’avanguardia dal punto di vista della sicurezza alimentare e della qualità – uno standard a livello globale anche in termini di sostenibilità. Per far ciò, il piano decennale si servirà di un approccio inclusivo, integrato e olistico che abbracci tutta la filiera alimentare, dall’agricoltore (o pescatore) fino alla tavola dei consumatori.

La Strategia F2F in pillole: Aree d’intervento & Obiettivi

La Comunicazione della CE sulla strategia Farm to Fork enuclea sei ambiti di intervento che si muovono lungo tre direttrici:

  • Costruire una filiera alimentare che funziona per i consumatori, i produttori, il clima e l’ambiente;
  • Favorire la transizione;
  • Promuovere la transizione globale.

Le aree d’intervento individuate dalla Commissione perseguono il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

  • Garantire la sostenibilità della produzione alimentare;
  • Garantire la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare;
  • Stimolare pratiche sostenibili nei settori della trasformazione alimentare, del commercio all’ingrosso e al dettaglio, alberghiero e dei servizi di ristorazione;
  • Promuovere un consumo alimentare sostenibile e agevolare il passaggio a regimi alimentari sani e sostenibili;
  • Ridurre le perdite e gli sprechi alimentari;

Combattere le frodi alimentari lungo la filiera alimentare.

La Strategia Farm to Fork in pillole: Piano d’azione

Al fine di realizzare l’ambizioso programma, sono state predisposte 27 azioni concrete da attuare entro il 2030:

Tra le azioni più rilevanti per il comparto agroalimentare e per i prodotti DOP IGP vi sono:

  • La riduzione del 50% dell’uso dei pesticidi più pericolosi, di quelli chimici e del rischio connesso al loro utilizzo in agricoltura;
  • La riduzione di almeno il 50% delle perdite dei nutrienti, senza compromettere ulteriormente la fertilità del suolo;
  • La riduzione di almeno il 20% dell’uso dei fertilizzanti,
  • La riduzione del 50% delle vendite di sostanze antimicrobiche per gli allevamenti e l’acquacoltura;
  • L’aumento delle superfici agricole coltivate a biologico, fino al raggiungimento del 25% del totale dei terreni agricoli;
  • La presentazione di una proposta legislativa sull’elaborazione di un quadro normativo di riferimento sul sistema alimentare sostenibile;
  • L’adozione di raccomandazioni per ciascuno Stato membro riguardanti gli obiettivi della PAC, prima che le proposte di piani strategici nazionali siano formalmente presentate;
  • Il rafforzamento del quadro normativo sulle Indicazioni Geografiche che includa, ove opportuno, specifici criteri di sostenibilità;
  • Il miglioramento della disciplina concorrenziale sulle norme agricole che rafforzano la posizione degli agricoltori nella catena di approvvigionamento alimentare, come i sistemi di qualità dell’UE;
  • La determinazione delle modalità per stabilire criteri minimi obbligatori per gli appalti sostenibili nel settore della ristorazione istituzionale.

La Strategia Farm to Fork in pillole: Facilitare la transizione

Sul fronte della transizione, la strategia Farm to Fork punta a:

  • Rendere i consumatori più consapevoli nelle scelte verso regimi alimentari sani e sostenibili attraverso:
  • un’etichettatura fronte-pacco nutrizionale obbligatoria e armonizzata;
  • una possibile estensione a determinati prodotti dell’obbligo dell’indicazione di origine;
  • la creazione di un quadro per l’etichettatura di sostenibilità;
  • la revisione del programma dell’UE di promozione dei prodotti agricoli che contribuisca alla produzione e al consumo sostenibili, in linea con l’evoluzione dei regimi alimentari.
  • Intensificare la lotta contro gli sprechi alimentari dimezzandoli al livello di vendita al dettaglio e dei consumatori;
  • Investire 10 miliardi di euro del programma “Orizzonte” in ricerca e innovazione;
  • Promuovere la collaborazione con i paesi terzi, stringendo nuove alleanze al fine di creare inedite opportunità commerciali per i produttori europei e sostenere la transizione.

Possibili ricadute sui prodotti DOP e IGP

Alcune delle azioni proposte dalla CE per facilitare la transizione verso un sistema alimentare sostenibile destano particolare preoccupazione in merito alle ricadute che la strategia Farm to Fork possa avere sulla tutela dei prodotti DOP IGP.

  • Nello specifico, il nodo più problematico da sciogliere risulta essere quello legato all’etichettatura nutrizionale da apporre sulla parte anteriore del prodotto. È certo che l’armonizzazione dei sistemi di etichettatura faciliterà la circolazione delle merci all’interno del mercato unico. Tuttavia, nel caso in cui il sistema adottato fosse troppo semplicistico e poco informativo, come nel caso del c.d. “Nutriscore”, i prodotti DOP e IGP ne risulterebbero gravemente penalizzati. Infatti, un sistema di etichettatura immediato e poco descrittivo rischia di orientare (anziché informare) il consumatore sulla base di elementi nutrizionali parziali che non tengono conto della dieta e del regime alimentare nel suo complesso. Isolare e mettere in evidenza solo alcune componenti nutritive (quali grassi, sale e zucchero) penalizzerebbe gravemente i prodotti che seguono ricette e metodi tradizionali che, a differenza dei prodotti industriali o comuni, non possono essere alterati in base al profilo nutrizionale. È dunque necessaria la promozione di un modello di etichettatura informativo (l’Italia ha proposto il modello c.d. “a batteria”) che aiuti il consumatore a scegliere consapevolmente prodotti nutrizionali che fanno parte di diete equilibrate, come ad esempio quella Mediterranea, senza necessariamente dover rinunciare ad elementi altrettanto importanti quali la qualità, la tipicità e la territorialità delle Indicazioni Geografiche.
  • Sulla possibilità che venga esteso l’obbligo dell’indicazione d’origine anche ad altri prodotti alimentari (quali il latte, nonché il latte e la carne utilizzati come ingredienti), ciò potrebbe avere un impatto sulle dinamiche di approvvigionamento per alcuni produttori italiani di IGP.
  • I prodotti DOP e IGP, per la loro natura strettamente legata al territorio e, quindi, a basso impatto ambientale, dovrebbero rappresentare degli ottimi candidati all’utilizzo di un’etichetta di sostenibilità. Tuttavia, alcune IG – legate soprattutto alla carne – potrebbero riscontrare difficoltà a soddisfare specifici criteri in relazione, ad esempio, all’impronta di carbonio e al benessere degli animali. Inoltre, l’inserimento di un altro logo fra quelli già esistenti potrebbe ingenerare ulteriore confusione tra i consumatori.
  • Analogamente, in merito al rafforzamento della politica di promozione alla produzione e al consumo sostenibili, si auspica che le emissioni di carbonio non vengano utilizzate come criterio principale per misurare la sostenibilità del prodotto. Esistono infatti anche altri elementi da prendere in considerazione, soprattutto per i prodotti DOP e IGP, che presentano delle specificità in termini di legame col territorio e metodi produttivi tradizionali.

L’intensificazione della lotta contro la frode alimentare implica più collaborazione tra gli Stati membri, Europol e altri organismi sullo scambio dei dati dell’UE sulla tracciabilità. Ciò rappresenta l’opportunità per le Indicazioni Geografiche italiane di operare controlli più severi sul commercio online e offline delle DOP e IGP al fine di combattere la pratica di abuso del nome e contraffazione.

Fondi stanziati: Green Deal, F2F & nuova PAC

Il Green Deal prevede investimenti per circa 1000 miliardi di euro da spendere nell’arco dei prossimi dieci anni, di cui 250 miliardi sono destinati al conseguimento della neutralità climatica entro il 2050.

Per quanto riguarda le risorse da impiegare nella strategia Farm to Fork, è previsto un investimento annuo pari a circa 20 miliardi di euro che comprendono investimenti europei, nazionali e privati.

Anche il budget della PAC sarà condizionato dal raggiungimento degli obiettivi fissati in termini di sostenibilità climatica e produttiva: la contribuzione all’azione per il clima prevista è di almeno il 40% del bilancio complessivo della PAC e di almeno il 30% del Fondo per gli affari marittimi e la pesca.

È proprio sul budget della futura PAC e dello stretto legame tra PAC e Farm to Fork che si innestano le critiche più serrate da parte di ambientalisti, produttori ma anche esponenti del governo italiano. Si ritiene, infatti, che la strategia Farm to Fork debba essere finanziata da fondi ulteriori rispetto a quelli destinati alla PAC, già considerevolmente ridotti nella parte proprio dei pagamenti diretti che incidono maggiormente sul reddito degli agricoltori. Ciò perché, a fronte di un maggiore impegno e nuovi obblighi in capo ai produttori, si registra una contrazione delle risorse atte a sostenerne il reddito, nonostante la PAC sia nata proprio allo scopo precipuo di tutelare il reddito e il lavoro nelle imprese agricole.

Il passaggio a un sistema alimentare sostenibile può apportare benefici ambientali, sanitari e sociali, offrire vantaggi economici e sociali, ma per realizzare tutto questo occorrono maggiori risorse da destinare al supporto di tutti i produttori nella fase di transizione verso una filiera agroalimentare non solo climaticamente sostenibile, ma anche equa e competitiva.

Soggetti coinvolti

Così come non può esistere un Green Deal senza una strategia Farm to Fork e senza una nuova PAC armonizzate e sostenute da un budget adeguato alle sfide che si presentano, allo stesso modo non può esistere una società sostenibile, equa e prospera senza l’impegno e il coinvolgimento di tutte le parti interessate.

Non saranno coinvolte solo le istituzioni europee, a partire da Commissione, Parlamento e Consiglio, e quelle nazionali, regionali e locali.

Anche produttori, consumatori e tutti i soggetti appartenenti alla filiera agroalimentare saranno chiamati a contribuire attivamente a questo cambiamento, comprese le associazioni di categoria, consorzi e privati.

Per le Indicazioni Geografiche italiane, un ruolo cruciale verrà ancora una volta svolto dai Consorzi di Tutela, che già oggi contribuiscono in modo essenziale all’ esistenza stessa della DOP e IGP di riferimento.