I consumi di vino diminuiscono per l’aumento dei prezzi e per le preoccupazioni sulla salute. Cotarella: “Si produce troppo, bisogna mettere un tetto”.
Il bicchiere è troppo pieno. La vendemmia 2025 si preannuncia eccellente in Italia, ma i consumi di vino sono in calo e le vie dell’export restano irte di ostacoli. Se nel 1970 ogni italiano consumava vino per un equivalente di 16,6 litri di alcol, oggi siamo sotto ai 5, secondo l’Osservatorio Nazionale Alcol.
«Non siamo più una nazione mediterranea in senso classico» fa notare il suo presidente Emanuele Scafato, ricercatore dell’Istituto Superiore di Sanità. «Al bicchiere di rosso ai pasti abbiamo sostituito l’happy hour».
Complici le due ultime annate prodighe di bacche, il vino rischia quindi di traboccare dalle botti. Nelle cantine italiane ne sono stipati 49,7 milioni di ettolitri, secondo i dati di Cantina Italia pubblicati dal ministero dell’Agricoltura. Sono in leggera maggioranza rossi, con una netta prevalenza dei non Doc. È una quantità che supera l’intera vendemmia del 2024, nella quale sono stati spremuti 44 milioni di ettolitri.
«Quest’anno ci aspettiamo circa il 10% in più di produzione. E speriamo di non andare oltre» si augura Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi. Lo scenario peggiore è quello della distillazione di crisi, praticata a più riprese negli ultimi anni con l’intervento di sovvenzioni pubbliche: il vino di minore qualità viene trasformato in alcol etilico per scopi non alimentari. Diversi disinfettanti usati ai tempi del Covid arrivavano in effetti dalle cantine, italiane ma anche francesi e spagnole.
In un mondo al contrario in cui gli enologi si augurano di avere meno uva e il vino diventa detergente, Cotarella arriva ad auspicare l’istituzione di quote di produzione: «Ogni denominazione dovrebbe fissare dei limiti. Non è irrealizzabile, il Consorzio dell’Orvieto DOC negli anni scorsi ha abbassato la resa dei suoi vitigni da 120 a 75 quintali per ettaro. Dovrebbe diventare pratica comune in tutta Italia. Lo impone il mercato. La stessa Francia quest’anno ha deciso di estirpare quasi 30 mila ettari di vigneti. E una misura che per un viticoltore ha il sapore del sacrilegio, fa capire la gravità della crisi».
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Fonte: La Repubblica