Nel 2003 il riconoscimento DOP allo Zafferano dell’Aquila e a quella di San Gimignano, nel 2009 seguì la Sardegna. ln Abruzzo, grazie al Consorzio di tutela, sei percorsi per scoprire borghi e territorio
Da una parte il Gran Sasso, dall`altra la Maiella e su un altro lato ancora, verso est, il Sirente-Velino. Qui si estende buona parte della coltivazione dello Zafferano dell’Aquila DOP. Una storia che viene da 11300 e che oggi racconta anche di export, fino ad arrivare in Giappone. Un dato a monte, generale: per realizzare un grammo di zafferano servono duecento fiori.
E da queste parti, Altopiano e dintorni, certificano i dati della Camera di commercio del Gran Sasso d’Italia, di grammi nel 2024 ne sono stati prodotti 30.773 g., di denominazione di origine protetta.
«La prima produzione è del 2005: quest`anno celebriamo i venti anni della Dop, che venne approvata a livello europeo come ultimo tassello di un`istanza che la Cooperativa Altopiano di Navelli ha portato avanti nei decenni. Nella zona, la produzione non Dop è davvero residuale», spiega Massimiliano D`Innocenzo, presidente del Consorzio per la Tutela dello Zafferano dell`Aquila DOP.
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“[…] La cooperativa, oltre a confezionamento e vendita, fa promozione del territorio e ospita turisti, visitatori e curiosi, famiglie e scolaresche che vengono a fare la raccolta tra metà ottobre e inizio novembre. Oggi si direbbe turismo esperienziale, ma già dalla fine degli anni Settanta qui era così”, sottolinea Massimiliano D`Innocenzo. Una filosofia che si è tradotta in sei percorsi alla scoperta del territorio e delle coltivazioni, attraverso l`azione del Consorzio di tutela. Un viaggio tra monasteri e borghi fino ad arrivare all`Oratorio di San Pellegrino a Bominaco, ribattezzato la Cappella Sistina d`Abruzzo.
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Fonte: MoltoEconomia