Dalla filiera all’accoglienza: intervista a Mauro Rosati, Direttore Fondazione Qualivita, sul futuro del Turismo DOP

Il 2024 ha segnato un passaggio decisivo per le Indicazioni Geografiche europee. Con il nuovo Regolamento (UE) 2024/1143, il turismo entra ufficialmente tra le funzioni che i Consorzi di tutela possono promuovere e organizzare. Una svolta che riconosce la capacità delle produzioni DOP e IGP di generare valore culturale, economico e sociale anche attraverso l’accoglienza e la narrazione dei territori.

C’è un’Italia che non si scopre con le guide turistiche ma con il palato. È l’Italia dei prodotti DOP e IGP, dei luoghi dove la qualità è una tradizione tramandata più che un’etichetta. È qui che nasce il Turismo DOP, una forma di viaggio che non si limita ad assaggiare, ma vuole capire, vivere e condividere il valore profondo del legame tra prodotto e territorio.

Negli ultimi anni, il turismo enogastronomico ha cambiato pelle. Il visitatore non cerca più soltanto un ristorante tipico o una degustazione, ma un’esperienza che racconti identità, saper fare e sostenibilità. Il Turismo DOP risponde a questa evoluzione intrecciando cibo, cultura e paesaggio: un modello che trasforma le produzioni a denominazione d’origine in motore di sviluppo per interi territori.

Autenticità, educazione e sostenibilità

Secondo il portale turismodop.it, i tre pilastri di questo fenomeno emergente sono autenticità, educazione e sostenibilità. Autenticità, perché la filiera certificata garantisce che ciò che si vive è vero, locale, legittimo. Educazione, perché dietro ogni formaggio, olio o salume DOP c’è una storia di persone, tecniche e regole che meritano di essere conosciute. Sostenibilità, perché valorizzare la produzione locale significa custodire i paesaggi rurali, promuovere l’economia circolare e mantenere vive le comunità.

Il Turismo DOP non è un turismo di massa, ma un turismo consapevole. Chi lo sceglie vuole entrare in contatto con chi produce, capire come nasce un’eccellenza, scoprire i segreti che si celano dietro un marchio di tutela. È un modo di viaggiare che parla di cultura, etica e responsabilità.

La visione di Mauro Rosati

“L’evoluzione che immagino – spiega Mauro Rosati, direttore di Fondazione Qualivita – è pienamente coerente con le produzioni DOP IGP e con la qualità insita nelle Indicazioni Geografiche. Il turismo deve rimanere un’attività accessoria rispetto a quella agricola e produttiva, integrandosi con essa senza snaturarla. Dobbiamo evitare la deriva “parco Disneyland” e, al contrario, arricchire i contesti produttivi con spazi di interpretazione, fruizione e accoglienza che consentano di spiegare bene il prodotto e far conoscere la filiera. Solo così i visitatori diventano cittadini più consapevoli. In questo senso, il Turismo DOP è soprattutto un’evoluzione culturale dell’impresa e del pubblico”.

In Italia, questo equilibrio si traduce in esperienze che restano legate all’essenza produttiva: visite ai caseifici, passeggiate tra i vigneti, laboratori sensoriali nei frantoi o percorsi nei borghi rurali dove la qualità si tramanda da generazioni. Non un turismo da cartolina, ma un invito a comprendere la cultura materiale che sta dietro ogni prodotto tutelato.

Un mosaico di esperienze italiane

I dati dell’Osservatorio Turismo DOP raccontano un’Italia diffusa: le regioni più attive sono Veneto, Toscana, Emilia-Romagna e Lombardia, con decine di percorsi, eventi e infrastrutture permanenti legate ai prodotti a denominazione d’origine. Nel 2024 sono stati censiti 235 eventi e 188 strutture turistiche stabili – segno che il fenomeno è ormai strutturale.

Dalle Strade del Vino alle Fattorie Didattiche, dai caseifici ai frantoi aperti, fino ai borghi dove un prodotto DOP diventa ambasciatore del territorio: il Turismo DOP è un mosaico di esperienze che parte dal gusto per arrivare alla cultura. Chi visita un caseificio in Pianura Padana, un prosciuttificio in collina o un uliveto affacciato sul lago non è solo un turista, ma un testimone: porta con sé una storia, un profumo, un ricordo.

Un’opportunità strategica per i Consorzi

“Per i Consorzi – sottolinea Rosati – si apre una grande opportunità: governare in modo ordinato e qualificato una dimensione innovativa dell’Indicazione Geografica, collegandola alla sostenibilità e alla promozione. Servono un piano strategico annuale dedicato al turismo, come già avviene per la comunicazione, e regolamenti interni che fissino standard minimi di sicurezza e qualità per l’accoglienza. Il Regolamento (UE) 2024/1143 attribuisce ai Consorzi anche la funzione di organizzare i servizi turistici: non è un’opzione, ma una responsabilità. Inoltre, i Consorzi devono vigilare sull’uso improprio del nome della IG da parte di operatori non appartenenti alla filiera, per prevenire rischi reputazionali”.

Comunicare il valore dell’esperienza

La comunicazione è oggi una leva decisiva. Le esperienze DOP non si limitano più alla visita in azienda: vivono sui social, nei video, nei podcast, nelle piattaforme digitali che consentono di raccontare i territori con linguaggi contemporanei.

“Il Turismo DOP – aggiunge Rosati – racconta un’Italia che coniuga autenticità, conoscenza e responsabilità. Per questo la comunicazione deve valorizzare tre dimensioni: l’autenticità dell’esperienza da garantire, la vocazione educativa (e non meramente commerciale) e l’adozione di criteri di sostenibilità chiari e verificabili. Occorre inoltre allineare le imprese a una comunicazione coerente con il disciplinare di produzione, con il legame geografico al territorio e con i valori della comunità che rende possibile quell’esperienza. Senza una visione condivisa e una narrazione coerente, il turismo enogastronomico rischia di ridursi a un’operazione commerciale, tradendo la vera natura del Turismo DOP”.

Un futuro da scrivere

Il Turismo DOP è ancora giovane, ma ha già un’identità precisa e un potenziale enorme. Rappresenta la sintesi più alta del “made in Italy autentico”: non un marchio, ma un modo di vivere e raccontare il Paese.

In un’epoca in cui la qualità si confonde con la quantità e la velocità spesso sostituisce la conoscenza, il Turismo DOP ci riporta all’essenza: prendersi il tempo per capire, assaggiare, ascoltare. Perché il vero viaggio – come il vero sapore – nasce solo quando c’è un legame profondo con chi lo custodisce.

Fonte: Sala e Cucina