Nel primo trimestre 2025 le esportazioni dall’Italia raggiungono 157 miliardi di dollari, davanti a Francia, Regno Unito, Giappone e Corea. Pesa la differenziazione dei prodotti esportati

ll Made in Italy va sempre più forte sui mercati internazionali, nonostante il calo degli ultimi due anni delle esportazioni verso la Germania, il nostro primo partner, che ha attraversato una lunga e debilitante crisi. Infatti, secondo i primi dati delle Nazioni Unite elaborati dall’International Trade Centre, nei primi tre mesi del 2025, escludendo i Paesi Bassi e Hong Kong, i cui valori sono gonfiati in modo abnorme dai transiti di merci e dalle riesportazioni, l’Italia è stata il quinto esportatore mondiale dopo Cina, Stati Uniti e Germania, appena dietro il Giappone.

Ma, escludendo i veicoli, che pesano appena l’8% negli scambi internazionali, nel restante 92% dell’export mondiale l’Italia si è confermata quarta, davanti allo stesso Giappone. Un notevole risultato, considerando che appena dieci anni fa, nel primo trimestre 2015, il nostro Paese occupava soltanto il settimo posto nell’export senza auto, preceduto da Giappone ma anche da Corea del Sud e Francia.

Lo scenario

Nel primo trimestre di quest’anno, invece, l’Italia ha esportato merci esclusi i veicoli per 157 miliardi di dollari, davanti a Svizzera (trainata in misura anomala da un export eccezionale di oro e prodotti farmaceutici a seguito di accaparramenti nella fase pre-dazi Usa), Francia, Regno Unito e i giganti d’Oriente Giappone e Corea del Sud (che, esclusa l’auto, hanno un export molto meno differenziato e importante di quello italiano).

Il crescente successo del Made in Italy si spiega con una differenziazione sempre più ampia dei prodotti esportati e dei mercati di destinazione, con l’innovazione e la qualità dei beni venduti dalle nostre aziende in ogni parte del mondo. Un’Italia poliedrica, prima a livello internazionale nell’export di navi da crociera e yacht, di pasta e derivati del pomodoro, con posizioni tra i primi esportatori nella meccanica, nelle calzature, negli articoli in pelle e nell’abbigliamento non in maglieria, nelle ceramiche, nei mobili, nei farmaci confezionati, nei formaggi, nei vini, nella cosmetica.

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Fonte: Il Mattino.it