Ferdinando Albisinni, Giurista professore ordinario di Diritto Agrario presso l’Università degli Studi della Tuscia: la lettura sistemica delle disposizioni europee e nazionali in tema di controlli assegna ai Consorzi di tutela anche il compito di vigilare sull’offerta di servizi turistici nella pertinente zona geografica
Quaranta anni fa, nel 1985, con la legge n. 730, l’Italia si è dotata di una normativa sul turismo nelle campagne e insieme sulla valorizzazione del territorio e dei prodotti locali, con grande anticipo sui tempi. La legge quadro sull’agriturismo riprendeva sollecitazioni delle riforme europee in tema di sviluppo rurale degli anni ‘80 del secolo passato e mirava a valorizzare le risorse e le produzioni locali: “anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a favorire lo sviluppo e il riequilibrio del territorio agricolo, ad agevolare la permanenza dei produttori agricoli nelle zone rurali attraverso l’integrazione dei redditi aziendali e il miglioramento delle condizioni di vita, a meglio utilizzare il patrimonio rurale naturale ed edilizio, a favorire la conservazione e la tutela dell’ambiente, a valorizzare i prodotti tipici, a tutelare e promuovere le tradizioni e le iniziative culturali del mondo rurale, a sviluppare il turismo sociale e giovanile, a favorire i rapporti tra la città e la campagna”. (così l’art. 1 della legge n. 730).
Il richiamo alle “forme idonee di turismo nelle campagne”, alla migliore utilizzazione del “patrimonio rurale”, alla promozione di “tradizioni e iniziative culturali” anticipava la riperimetrazione dei confini dell’agrarietà, proiettandola “al di fuori dei confini del fondo”, lungo un percorso che i decreti di orientamento del 2001 hanno in prosieguo sancito sul piano della generale definizione dell’impresa agricola, riconoscendo con il nuovo testo dell’art. 2135 cod. civ. che rientrano tra le attività agricole “le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e ospitalità come definite dalla legge”.
Editoriale di Ferdinando Albisinni
Giurista professore ordinario di Diritto Agrario presso l’Università degli Studi della Tuscia, Accademico emerito dei Georgofili e componente di prestigiose istituzioni accademiche, è esperto riconosciuto in materia di Indicazioni Geografiche e politiche agroalimentari..
L’evoluzione normativa: dal turismo rurale alle produzioni locali
Negli anni successivi numerose leggi regionali e nazionali sono intervenute per valorizzare e sostenere forme locali di turismo legate al territorio rurale e alle produzioni di qualità. Fra queste la legge sulla caccia del 1992, quella sulle strade del vino del 1999; quella sull’ospitalità rurale familiare di cui alla legge n.122 del 2001; di recente la legge n. 30 del 2022 sulle “piccole produzioni agroalimentari di origine locale”, e la legge n. 61 del 2022 per la valorizzazione dei prodotti a chilometro zero e di quelli da filiera corta. Elemento condiviso di questi interventi legislativi è quello della garanzia dell’identità e della reputazione, e così la verifica che le forme di turismo nelle campagne siano “idonee” e dunque coerenti con il territorio e con i suoi prodotti.
Anche i regolamenti europei sui prodotti DOP e IGP, da quello del 1992 a quello del 2006, a quello del 2012, valorizzano identità e reputazione, e rimarcano l’importanza dei fattori umani accanto a quelli naturali, sottolineando che “la qualità e la varietà della produzione agricola, ittica e dell’acquacoltura dell’Unione rappresentano un punto di forza e un vantaggio competitivo importante per i produttori dell’Unione e sono parte integrante del suo patrimonio culturale e gastronomico vivo”. (Reg. n. 1151/2012).
Un nuovo sistema europeo per la tutela dei prodotti legati al territorio
Da ultimo, con il Regolamento UE 2024/1143, è stato introdotto “un sistema unitario ed esaustivo di Indicazioni Geografiche che tutelano i nomi di vini, bevande spiritose e prodotti agricoli con caratteristiche, proprietà o reputazione aventi un legame con il loro luogo di produzione, in tal modo: … e) garantendo controlli, tutela e immissione sul mercato efficaci in tutta l’Unione, anche nel commercio elettronico, assicurando in tal modo l’integrità nel mercato interno” (art. 4). In questo ambito è stato previsto, fra i compiti delle organizzazioni dei produttori, quello di operare anche per “lo sviluppo di servizi turistici nella pertinente zona geografica” (art. 32).
Se i primi regolamenti del 1992 su DOP e IGP miravano a proteggere i nomi di prodotti agricoli e alimentari di qualità al fine di sostenere economicamente “il mondo rurale” e “i redditi degli agricoltori”, e il regolamento del 2012 aveva affiancato la tutela “del patrimonio culturale e gastronomico vivo” all’obiettivo di sostenere i redditi degli agricoltori, il nuovo Pacchetto Qualità del 2024 ha esplicitamente posto al centro della propria attenzione le comunità dei produttori, e con ciò l’intero complesso di attività economiche, ivi incluso “lo sviluppo di servizi turistici”, all’interno di un quadro di opportuni controlli che garantiscano l’integrità nel mercato interno, e con ciò la coerenza fra offerta dei prodotti e offerta dei servizi turistici, collegando prodotti di qualità e territorio.
Governare le denominazioni: nuovi compiti per produttori e Consorzi
Ne emerge un disegno che valorizza le capacità di autogoverno: ai compiti tradizionalmente assegnati alle collettività dei produttori, dalla presentazione delle domande di riconoscimento di nuove DOP e IGP e di modifica dei disciplinari, alla legittimazione ad agire a tutela della denominazione, si aggiunge quello del governo della denominazione in tutte le sue forme, dai prodotti ai servizi turistici che valorizzano e ampliano il mercato, anche attraverso l’attivazione di adeguata vigilanza e verifiche.
Giova ricordare che, in base al testo vigente dell’art. 53 della legge n. 128 del 1998, l’uso delle denominazioni di qualità è soggetto al controllo di organismi di certificazione autorizzati dal Ministero, ma nel contempo è affidato ai Consorzi di tutela, nell’ambito della “cura generale degli interessi relativi alla denominazione”, il compito di collaborare “alla vigilanza, alla tutela e alla salvaguardia della DOP, della IGP o della attestazione di specificità da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge; tale attività è esplicata a ogni livello e nei confronti di chiunque, in ogni fase della produzione, della trasformazione e del commercio”.
Controlli integrati e sviluppo turistico: un modello espansivo di tutela
Considerato che il Reg. UE 2024/1143 attribuisce alle organizzazioni dei produttori un ruolo essenziale nella relazione con il mercato e con i consumatori, in riferimento al territorio unitariamente inteso nella sua complessità, ivi incluso “lo sviluppo di servizi turistici” e lo svolgimento di controlli idonei ad assicurare “l’integrità nel mercato interno”, sembra di dover concludere che la lettura sistemica delle disposizioni europee e di quelle nazionali in tema di controlli (lettura sistemica confermata ancora di recente dalla nota sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2023) assegna ai Consorzi di tutela anche il compito di vigilare sull’offerta di “servizi turistici nella pertinente zona geografica”, al fine di verificare il pieno rispetto della denominazione tutelata.
La disciplina delle IG si propone così quale modello espansivo, operante ben oltre le dimensioni del prodotto e delle stesse filiere.
Qualità dei prodotti e dei servizi turistici locali, radicamento territoriale e sostenibilità si confermano elementi di una prospettiva condivisa, in cui necessariamente operano tutti gli attori del mercato, traendone identità e valore.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 27 / N° 02/2025