Dai marchi DOP e IGP ai nuovi standard ambientali, cresce il peso dei bollini che garantiscono qualità e tracciabilità. E le imprese scoprono che certificarsi è anche una leva per innovazione e reputazione
In un mercato globale sempre più sensibile a trasparenza, sicurezza e sostenibilità, le certificazioni sono diventate un asset strategico per le imprese italiane. Non rappresentano più soltanto un simbolo di garanzia per i consumatori, ma un fattore competitivo capace di rafforzare la reputazione del brand, favorire l’accesso ai mercati esteri e consolidare la fiducia lungo la filiera. Nei contesti internazionali, infatti, la conformità agli standard riconosciuti è ormai un requisito imprescindibile per entrare nei canali della distribuzione e dialogare con partner e investitori. A beneficiare di questo processo sono anche le aziende che sanno interpretare l’evoluzione del consumatore, oggi più informato e selettivo.
Un consumatore più consapevole diventa infatti il primo alleato delle imprese che investono in qualità certificata: la fiducia si costruisce su informazioni verificabili, e il controllo da parte di un ente terzo è una tutela concreta sia per chi acquista sia per chi produce. Questa fiducia trova riscontro nel successo delle certificazioni regolamentate, che restano il motore economico del made in Italy agroalimentare. Secondo il XXII rapporto Ismea-Qualivita, la Dop economy ha superato i 20 miliardi di euro di valore complessivo – con una crescita del 52% negli ultimi dieci anni – di cui oltre nove miliardi provenienti dal comparto alimentare e circa undici miliardi dal vino imbottigliato. La tracciabilità è l’elemento distintivo: ogni confezione o bottiglia riporta un codice identificativo o un Qr code che consente di verificarne l’autenticità. Un dettaglio che fa la differenza soprattutto sui mercati esteri, dove le certificazioni d’origine sono percepite come sinonimo di sicurezza e valore aggiunto, contribuendo a rafforzare la competitività delle imprese italiane.
[…]
Fonte: La Repubblica.it


