L’agroalimentare chiede compensazioni per i settori colpiti dai dazi. Dal vino ai salumi, si teme per il futuro dell’export verso gli USA.
Si è evitata l’escalation più temuta di dazi al 30% che avrebbero rischiato di rovinare i rapporti commerciali tra aziende italiane e l’oltreoceano, centrando anche una vittoria europea.
Ma per chi opera nel settore dell’agroalimentare anche al 15%, le tariffe creeranno un’onda d’urto rilevante. Si guarda in queste ore con speranza alle trattative per esentare il settore del vino, come annunciato dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani.
In attesa di conoscere la lista dei prodotti, alcuni settori cruciali per l’export nazionale hanno già i calcoli alla mano. Oggi la Mozzarella di Bufala Campana DOP viene venduta negli Stati Uniti d’America a circa 45 euro al chilo, alla luce dell’aumento dei dazi gli americani potranno acquistarla a 60 euro al chilo.
“Gli americani – si chiede Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania e vicepresidente nazionale con delega al Mezzogiorno – continueranno a comprare la mozzarella a 60 euro al chilo? Continueranno a comprare il vino campano che oggi viene venduto in media a 40-50 dollari a bottiglia?”. In generale per le aziende campane, in tutti i settori, i dazi come sono stati concordati, peseranno 280 milioni di euro all’anno.
Per il vino a fare i conti è l’Unione italiana vini: 317 milioni di danni nei prossimi 12 mesi. Moscato d’Asti, Pinot grigio e Prosecco i più esposti, secondo Uiv. Preoccupazioni anche in Franciacorta, per cui il 13% dell’export complessivo è in Usa.
Forti i timori anche tra i produttori di salumi. Gli Usa nel 2024 si sono confermati come terza destinazione per l’export, con oltre 20.000 tonnellate (+19,9%) e un giro d’affari di 265 milioni di euro (+20,4% rispetto al 2023). Se il tasso di cambio dovesse rimanere su livelli sfavorevoli, “si stima una possibile contrazione fino al 10%, con una perdita potenziale di circa 25 milioni di euro”, dice il presidente di Assica, Lorenzo Beretta.
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Fonte: Ansa.it