Uno studio, di Felice Adinolfi, Riccardo Fargione, Giuseppe Pachino e Carmela Riccio del Centro Studi Divulga, analizza l’andamento e le crisi climatiche in Italia degli ultimi anni, valutando danni all’agricoltura e all’economia del paese.

Negli ultimi anni gli eventi meteorologici estremi hanno contribuito ad appesantire il quadro dei danni ambientali, economici e sociali con perdite economiche a livello globale pari a circa 650 miliardi di euro dal 1980 ad oggi e a 52,3 miliardi di euro solo nel 2022.

Secondo quanto riportato dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale il 2022 è stato l’anno più caldo mai registrato in termini di temperatura superficiale annuale con livelli di oltre 10°C in più rispetto alle tipiche temperature massime estive. E le anomalie climatiche si confermano anche nel 2023 con il mese di luglio che è stato il più caldo mai registrato.

Anche per quanto riguarda il livello delle precipitazioni la situazione è allarmante. In Europa, in base al monitoraggio del Copernicus, il totale delle precipitazioni del 2022 risulta inferiore di circa il 10% rispetto alla media degli ultimi trent’anni. Per l’Italia il quadro è ancor più preoccupante con un deficit pluviometrico del 21%. Le anomalie più marcate, oltre il 40% in meno di precipitazioni, si sono verificate nel nord-ovest del Paese, in Sardegna, nel sud-est della Sicilia e in gran parte della Puglia.

Un’ulteriore minaccia è rappresentata dal ritardo infrastrutturale dovuto ad una limitata capacità di invaso: l’Italia che riesce a raccogliere solo l’11% delle precipitazioni. Penalizzanti anche i dati relativi alle predite lungo la rete distributiva che collocano il Paese nelle prime posizioni tra i Paesi Ue-27.

Il settore agricolo è indiscutibilmente tra i settori produttivi che, più di altri, risente degli effetti dei cambiamenti climatici. La risorsa irrigua riveste, infatti, una sostanziale centralità nell’agroalimentare italiano con circa il 41% del valore aggiunto prodotto dal settore che deriva proprio da produzioni irrigue. Valori che collocano l’Italia al terzo posto in Europa preceduta solo da Paesi Bassi (47,8%) e Grecia (43,1%).

Come riportato dalla Fao, nel 2100, in scenari climatici ad alte emissioni, si stimano perdite nelle rese tra il 20% e 45% per il mais, tra il 5% e 50% per il grano, tra il 20% e 30% per il riso, e tra il 30% e 60% per la soia. In questo contesto, l’agricoltura dei paesi dell’Europa meridionale sarà quella più colpita dalla siccità.

Le complessità dei cambiamenti climatici richiedono strategie diversificate, tra loro integrate e sinergiche, che possano mitigare i rischi e le preoccupazioni collegate al problema.

Fonte: Centro Studi Divulga