Prodotti a base di carne. Le criticità del mercato legate a peste suina e alti costi della carne non frenano la corsa oltreconfine: +13% nel 2024 dopo un buon 2023
In Italia l’anno scorso le vendite di salumi hanno superato i 7 miliardi di euro, valore in crescita dello +0,6% dopo il balzo di quasi il 7% nel 2023 dovuto soprattutto all’aumento dei prezzi al consumo.
In termini di quantità infatti (379mila tonnellate) il bilancio è in calo dell’1%, seguito a un 2023 solo leggermente positivo (dati Circana). Le esportazioni 2024 hanno fruttato invece 2,38 miliardi. Valgono circa il 25% del giro d’affari del settore, e continuano ad aumentare: +12,9%in quantità e +9,5% in valore nel 2024 (sopra la media dell’industria alimentare pari all’8,6%) e dopo gli incrementi del 2023 (rispettivamente +6,2% e +8,7%).
Sono inoltre risultati che scontano anche il danno della chiusura ai prodotti italiani di alcuni mercati – Cina e Giappone in testa – dai tempi della scoperta dei primi casi di peste suina africana sul nostro territorio, che risalgono a Marzo 2022: 20 milioni al mese calcolati sui volumi dell’export di allora da Assica, l’associazione dei produttori; quindi sono circa 800 i milioni che mancano all’appello. Basta mettere a confronto i due trend per capire come il futuro del settore sia oltreconfine.
«Il mercato italiano rimane importante, ma va verso una inevitabile saturazione commenta Davide Calderone, direttore di Assica -. Da tempo le variazioni dei consumi non sono molto marcate, anche se negli anni scorsi c’è stato uno spostamento verso salumi a minor valore aggiunto a causa del calo di potere d’acquisto. L’unico ambito in cui si può pensare di continuare a crescere in maniera significativa è quello internazionale».
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Sui mercati esteri è probabilmente stato più semplice scaricare i costi sui listini o almeno lavorare sull’aumento delle quantità vendute. In questo senso è esemplare il caso dei prosciutti DOP che soffrono in Italia ma segnano buoni risultati all’estero.
La crescita dell’export viene comunque da lontano, dal paziente lavoro delle aziende per conquistare nuovi spazi di mercato e dal faticoso percorso di abbattimento delle barriere normative e burocratiche in campo sanitario, che spesso complicano la libera circolazione dei salumi. La peste suina è solo l’esempio più noto, e comunque non ha frenato il trend positivo.
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Fonte: Il Sole 24 Ore