L’Espresso
Va ben oltre la cronaca lo scandalo del colibatterio nascosto nella Chockladkrokant di Ikea o la carne di cavallo nelle polpette KottBüllar. P. un tradimento allo stomaco e al cuore del popolo europeo. Un attacco alla sua stessa identità. Perché se gli italiani si son lasciati convincere a nutrirsi di polpette polverose spalmate di sciropposa marmellata di mirtilli o compostaggi di cioccolati incrostati di glassa, lo hanno fatto solo per sentirsi più europei. Magia di Ikea, più che multinazionale svedese del mobile, luogo dello spirito che vende, soprattutto a noi agitati popoli del sud, la promessa di un mondo ordinato, protetto, al riparo da imprevisti. Universo soffuso di luci bianche senza ombre, dove basta obbedire alle istruzioni per costruirsi un habitat a immagine e somiglianza di quella dei fratelli del nord. Popoli biondi, cresciuti tra le renne nelle terre di Babbo Natale, in metropoli senza traffico e nazioni benedette dal welfare. Del resto Ikea e Unione europea arrivano in Italia più o meno contemporaneamente. Nel 1989 la prima, con l’apertura di uno store a Cinisello Balsamo (Mi). Il 1 novembre del 1993 la seconda con ratifica di ufficiale trattato.