Il Consorzio della Pesca di Verona IGP racconta la rinascita della filiera tra coesione territoriale, investimenti e nuove adesioni.

È una storia di rinascita quella del Consorzio di tutela e valorizzazione della Pesca di Verona IGP che ha organizzato l’evento “Peschicoltura – Il fondamento del nostro territorio” tenutosi ieri sera a Villa Spinola, nel comune di Bussolengo. Il presidente del Consorzio Leonardo Odorizzi lo ha chiuso raccontando che “nel novembre 2024 abbiamo aperto l’iscrizione ai nuovi soci, che ora sono 18, con 10mila quintali certificati. C’è grande attenzione anche da parte dei supermercati, tra i quali Rossetto, Migross, in cui faremo promozione cartellonistica”.

E poi ha rimarcato: “eravamo arrivati a perdere il 73% degli ettari, e questo ci ha spinto a fermarci per decidere come risalire. Sotto questo profilo anche le banche ci hanno aiutato, supportando investimenti che altrimenti tarderebbero ad essere coperti. Ma devo dare merito anche alle istituzioni, qui rappresentate da tanti sindaci, di Negrar, di Sant’Ambrogio, di San Giovanni, oltre che da Sara Moretto, sindaca di Buttapietra. Noi ci crediamo, e tanti produttori stanno tornando a piantare pesche”.

La comunità

Ma l’occasione è stata propizia innanzitutto per fare comunità, come ha sottolineato il presentatore dell’evento Salvo Garipoli di SGMarketing Agroalimentare. Dopo il saluto del vicesindaco di Bussolengo Massimo Girelli è intervenuto il presidente di Valpolicella Benaco Banca Daniele Maroldi che ha sottolineato che “noi siamo nati come cassa rurale, quindi proprio con l’obbiettivo di aiutare l’agricoltura”, mentre Garipoli ricordava quanto “oggi il Veneto sia la seconda regione per numeriche, con 89 prodotti Dop, cioè il 10% a livello nazionale, con un export in crescita del 35%”.

Proprio nel nome della comunità veronese è poi intervenuto Attilio Fontana del Consorzio Prosciutto Veneto Dop, che ha dichiarato: “Prima di tutto è giusto dire che, pur facendo un ottimo lavoro, siamo ancora una realtà piccola, riconosciuta soprattutto in Veneto. E che a livello nazionale ci sono dei mostri sacri. Ma tutti stiamo subendo perdite che non recupereremo mai, sia per via dei costi cari della materia prima che dell’energia, costi che non siamo riusciti a scaricare sugli acquirenti. Anche perché vegetariani e animalisti hanno dato una visione negativa degli insaccati. Quel 6% di perdita porterà alla chiusura di molti stabilimenti, e già a Parma è successo: ora le aziende sono passate da 280 a 130”.

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Fonte: Corriere Ortofrutticolo.it