Un universo di quasi 4.300 frantoi, molti dei quali, il 25%, con una capacità molitoria inferiore a mille quintali di olive, molta vendita attraverso lo sfuso, poca in Gdo. E l’analisi Ismea sulla filiera dell’olio italiano per la campagna 2014 dalla quale viene fuori un quadro molto variegato e articolato fatto di piccole realtà, il 32% delle quali è un’impresa individuale e il 24% è cooperativa. La maggior parte dei frantoi si trova nelle regioni del Sud, con in testa la Puglia, seguita da Calabria e Sicilia. La Puglia ospita la maggior parte dei frantoi di elevate dimensioni, 75%, mentre la Calabria, con il 19%possiede la maggiore quantità di frantoi molto piccoli. La quota di olio prodotto che nel 2014 i frantoiani hanno stoccato all’interno dei propri stabilimenti ammonta al 60%, la restante parte è stata ritirata dai committenti lo stesso giorno della molitura.
La maggiore quantità stoccata è extravergine convenzionale (71%) seguita dal lampante con il 10,4%. La restante parte viene divisa tra DOP, IGP e BIO. L’80% circa dell’olio stoccato è venduto sfuso, dato fortemente influenzato dalle più importanti regioni del Sud (Puglia, Calabria e Sicilia) e destinato prevalentemente a confezionatori del Centro-Nord. L’olio confezionato dai frantoiani viene commercializzato per lo più attraverso la vendita diretta in azienda e solo una piccola quota viene commercializzata attraverso la Gdo. Una parcellizzazione che incide sui costi di processo che hanno una media di 7,69 euro per quintale di olive lavorate e va dagli 11,85 euro al quintale per le aziende che moliscono tra mille e 5 mila quintali, a 4,30 euro per quelle più grandi.
Fonte: Italia Oggi