L’innovazione nel settore del Bakery negli ultimi anni si è mossa con l’obiettivo di migliorare gli aspetti salutistici e nutrizionali e dare attenzione alla sostenibilità e alla salvaguardia della qualità dei prodotti

Il settore del bakery è una filiera in cui sono imprescindibili la qualità degli ingredienti e delle materie prime utilizzate. E che oggi si caratterizza per tre elementi: benessere del consumatore, trasparenza e ricchezza delle informazioni, e una sempre maggiore attenzione alla sostenibilità.

Alla filiera del bakery, ossia del mondo dei prodotti di pasticceria, biscotti, cereali, pasta e pane, è stata dedicata una sessione dell’ultima edizione di AlimentiPiù, moderata dalla tecnologa alimentare Serena Pironi, nel corso della quale Alessandra Marti, PhD Professore in Scienze e Tecnologie Alimentari presso il Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFENS) dell’Università degli Studi di Milano è intervenuta sul tema: “L’innovazione nel settore dei cereali e dei prodotti derivati“.

Partendo dal concetto stesso di innovazione, la profesoressa ha ricordato come con questo termine si intenda sempre un processo di trasformazione di un’idea in qualcosa di nuovo e migliorato, sia esso un prodotto, un servizio o un processo. Alla base c’è quindi sempre un’esigenza di miglioramento. Tra i driver principali che svolgono un ruolo importante nel settore dei cereali c’è in primis quello di migliorare gli aspetti salutistici e nutrizionali; non meno trascurabile è l’esigenza di valorizzare la biodiversità e l’attenzione alla sostenibilità e alla salvaguardia della qualità del prodotto.

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IL RUOLO DELLE CERTIFICAZIONI DI SOSTENIBILITÄ

A richiamare l’importanza che svolgono le certificazioni nelle filiere del pane e della pasta è intervenuta Irene Grigoletto, Responsabile di Schema, Innovazione e Sviluppo CSQA, un ente che ha iL proprio core business nel settore agroali montare. Nell’ambito della sostenibilità, tra le certificazioni più innovative e interessanti esiste “Made in green in Italy“: ha durata triennale e dà anche diritto ad apporre sui prodotti un apposito logo rilasciato dal Ministero dell’Ambiente e Sicurezza energetica. Per essere definiti Made in green in Italy, i prodotti devono garantire il superamento di soglie specifiche stabilite per ognuno di essi, e avere prestazioni ambientali pari o superiori a un benchmark di riferimento, la cui valutazione è fatta seguendo il metodo PEF (product environmental foodprint), che è una metodologia di calcolo delle prestazioni ambientali.

L’analisi è fatta sull’intero ciclo di vita, LCA (,Lite Cycle Assessment): dalla produzione delle materie prime fino allo smaltimento, valutando d i volta in volta i diversi indicatori di impatto ambientale. Per fare un esempio concreto, nel caso della pasta secca il lavoro a monte della certificazione prevede la raccolta di dati di 7 kg di pasta, partendo dagli ingredienti di base (valutando la coltivazione dei cereali, la trasformazione in semola/ farina di grano tenero, il trasporto dal sito di produzione al sito di lavorazione; e lo stesso poi per le uova e gli altri ingredienti); passando poi alla fase di produzione (analizzando i consumi energetici; quelli idrici e la produzione di rifiuti); al confezionamento (sia l’analisi delle materie prime che il trasporto e la produzione dell’imballaggio); alla distribuzione; la cottura (ancora una volta i consumi energetici e idrici, ma anche quelli di sale e i rifiuti finali); arrivando al cosiddetto fine vita dell’imballaggio utilizzato (i rifiuti finali). Una volta avuto esito positive rispetto ai requisiti richiesti dal benchmark di riferimento sarà possibile richiedere la certificazione attraverso un ente accreditato.

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Fonte: Produzione & Igiene – Alimenti