Etichette alimentari: tre associazioni, WWF, Greenpeace e UFC-Que Choisir, pubblicano congiuntamente due studi sulla  qualità alimentare dei marchi ‘Label rouge’, ‘Denominazione di Origine Protetta (DOP)’, ‘Chi comanda’ ‘Agricoltura biologica (AB)’… Troppe informazioni in etichetta confondono il consumatore e non sempre le informazioni sono attendibili.

La maggior parte di queste etichette, alcune delle quali pubbliche, come l’AB, e altre private, come il marchio Bleu-Blanc-Coeur, dichiarano di offrire prodotti di altissima qualità,  realizzati in condizioni più rispettose dell’ambiente e socialmente migliori. Ma quali garanzie offrono realmente? È per valutare il divario tra le intenzioni manifestate e la realtà  che tre associazioni, il WWF con Greenpeace da una parte e l’UFC-Que Choisir dall’altra, hanno presentato, martedì 28 settembre, due analisi aggiuntive sulle “promesse” delle etichette. Il primo studio, condotto da WWF e Greenpeace, con il Basic (Ufficio di analisi sociale per l’informazione dei cittadini), riguarda l’impatto ambientale e socio-economico di un panel di undici grandi etichette, raggruppate in tre categorie: quelli  che seguono  l’agricoltura biologica (AB. Demeter, Nature & Progress); quelli  che condividono l’approccio della “certificazione ambientale” (Zero residuo di pesticidi o Alto Valore Ambientale -HVE-, meno restrittivo dell’agricoltura biologica); e i marchi definiti dalla  filiera, come  DOP o Label Rouge.

Queste procedure hanno rispettato una griglia di analisi comune che comprende sette criteri ambientali (cambiamento climatico, inquinamento equo, degrado del suolo, ecc.) e sette criteri socio-economici (condizioni di lavoro, raggiungimento del tenore di vita, salute …). Gli autori della ricerca hanno prima studiato i disciplinari, poi hanno  effettuato un’analisi qualitativa, basata su studi pubblicati e integrata da interviste, per arrivare a un doppio punteggio da 1  a 5. Utilizzando  questo metodo analitico, WWF e Greenpeace hanno concluso che  i sistemi  basati sull’agricoltura biologica sono quelli che hanno il maggior potenziale ambientale e socio-economico. “Questa non è una sorpresa, ma vediamo che un approccio che fissa criteri solidi e controllati, come il divieto di fertilizzanti chimici,  offre un livello di sicurezza  più elevato”, osserva Joseph ‘D’Haluin, responsabile della campagna “Agricoltura” di Greenpeace”.

I marchi  legati alle filiere mostrano risultati eterogenei: il rapporto evidenzia ad esempio, come  il formaggio  DOP Comté,  presenti buoni risultati in termini di modello agricolo, definizione dei prezzi e trasparenza, mentre il formaggio DOP Cantal ottiene voti molto più bassi. Mentre gli approcci basati sul principio della certificazione ambientale “hanno  effetti positivi più deboli e meno provati”. Lo studio ha inoltre rafforzato le critiche già rivolte alla certificazione HVE, che il governo ha scelto come  uno dei destinatari  dell’assegnazione degli aiuti della prossima politica agricola comune (PAC), e il cui livello di requisiti è ritenuto insufficiente da un gran numero di attori. (…)

Fonte: Le Monde 

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