Anche il settore agroalimentare comincia a risentire dello stato di crisi generalizzato conseguenza dell’emergenza sanitaria specialmente quando si tratti di piccole unità produttive; per le “piccole filiere” rischia di essere messa indiscussione la stessa sopravvivenza. Così avviene anche con la Robiola di Roccaverano DOP, d’eccellenza apprezzata in tutto il mondo. In merito la Confederazione italiana agricoltori di Asti, facendosi portavoce di tutti gli operatori del settore, ha lavorando alacremente per definire una strategia di intervento che è stata sottoposta all’attenzione della Regione Piemonte. In un documento si legge del prodotto realizzato tra Langa e val Bormida con latte crudo caprino integrato con un massimo del 50% di latte vaccino o ovino; esso ha presentato nel corso degli ultimi anni una costante e significativa crescita che lo ha portato a raggiungere quote produttive oltre le 450 mila unità per un valore superiore ai 2 milioni di euro diventando una primaria fonte di reddito per la popolazione locale a vario titolo impegnata nella sua produzione; per questo motivo nella corrente bassa congiuntura dovrà essere tutelato essendo diventato una voce importante nell’economia della sub regione sebbene si serva per la commercia-lizzazione di canali particolari facenti rifermento a negozi specializzati, ristoranti, osterie, mercatini, tutti chiusi in questo periodo.
Infatti circa l’85% del formaggio rimane invenduto e di conseguenza quasi l’intera produzione di latte munto deve essere destinata alla distruzione; non è pensabile infatti, in conseguenza delle caratteristiche stesse dell’alimento continuare a produrne per poi stoccarlo in magazzino in attesa di tempi favorevoli alla sua vedita. “Da queste considerazioni,- spiega Alessandro Durando, presidente della Cia di Asti e vice presidente regionale – risulta indispensabile attivare una strategia per favorire la distruzione del prodotto e assicurare la continuità stessa delle aziende che sono presidi di lavoro e sviluppo nei piccoli centri rurali della Langa astigiana e della valle Bormida: luoghi di resistenza contadina che devono essere preservati perché rappresentano un bene comune. Pragmaticamente dalla Cia si auspica che con l’intervento della Regione si possano trovare canali di distribuzione suppletivi affinchè le robiole possano essere comprese nei menu proposti in caserme, ospedali e case di riposo; soprattutto si auspica che possa essere inserita nei canali della grande distribuzione favorendo un accordo che ne permetta lo smercio a prezzi concorrenziali attingendo a “risorse statali” considerate non come ‘favoritismi” ma sussidi a lavoratori in crisi al pari di altri in settori diversi. In Francia, è stato sottolineato, tali interventi sono molto diffusi e fanno parte degli accordi tra parte agricola e parte industriale del Paese”.
Fonte: Gazzetta d’Asti