I negoziati sui dazi tra americani ed europei si stanno ingarbugliando parecchio. Da Bruxelles si moltiplicano le indiscrezioni: le due parti potrebbero non farcela a sottoscrivere, entro domani, l’attesa «dichiarazione congiunta». Che cosa accadrebbe allora? Ieri Donald Trump ha scritto sulla sua piattaforma «Truth» che <da scadenza del primo agosto non sarà prorogata».
Francia, Italia, Spagna, Portogallo chiedono l’esenzione totale, o in subordinata, uno sconto sostanzioso per vini e liquori.
Non si capisce, però che cosa succederà in concreto. Trump aveva annunciato che, in assenza di accordo, a partire proprio da domani le dogane americane avrebbero applicato un dazio del 30% sulle merci europee. Stando alla logica politica, questo è lo scenario che ci aspetta, se non ci sarà un testo condiviso entro le prossime ventiquattro ore. Altrimenti non avrebbe senso questa frenetica corsa contro il tempo per arrivare a firmare entro il primo giorno di agosto un documento condiviso. Ma il leader della Casa Bianca, imprevedibile per definizione, potrebbe anche decidere di concedere una proroga: in fondo ha acquisito l’intesa di massima, anche se verbale, raggiunta domenica scorsa in Scozia, con Ursula von der Leyen.
Scenari in bilico
L’incertezza è grande. E, di conseguenza, anche la confusione. Va ricordato che, in ogni caso, la «dichiarazione congiunta» non avrebbe alcun valore giuridico. Sarebbe, invece, la premessa necessaria per arrivare a un vero Trattato da sottoporre all’approvazione dei 27 Paesi ue e dell’Europarlamento.
Il dazio del 15%, quindi, sarà applicato solo alla fine di questo iter che potrebbe durare diversi mesi. Intanto se i tempi dei negoziati sul testo politico dovessero allungarsi, a partire dal due agosto ci sarebbero due possibilità: resta in vigore la tariffa attuale del 10%; oppure, come lascia intendere Trump, si balza al 30%.
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Fonte: Corriere della Sera