Il ministro Lollobrigida alla presentazione del 1° Rapporto Turismo DOP: spinta al turismo dalle eccellenze agroalimentari

La biodiversità è un patrimonio dovuto alla varietà di climi e ambienti presenti sul territorio italiano che ci consegna più di 7 mila specie vegetali e oltre 6o mila specie animali. Dalla ricchezza di questo patrimonio si parte per costruire un «ecosistema» di prodotti a indicazione geografica e denominazione di origine controllata.

I territori italiani, negli anni, hanno saputo sviluppare prodotti tipici che rendono il nostro Paese una miniera anche in senso letterale grazie al movimento turistico che certe tipicità riescono a generare. Nasce così il 1° Rapporto sul Turismo Dop a cura della Fondazione Qualivita, un’analisi aggiornata del turismo legato alle Indicazioni geografiche in Italia: dal Parmigiano all’oliva ascolana, dalla burrata al Prosecco.

«L’Italia è leader in Europa per prodotti a indicazione geografica — ricorda Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste —. Questo primato non deve essere solo un vanto, ma una responsabilità nazionale. Dietro ogni prodotto Dop o Igp c’è una storia che parla dell’identità italiana. Un modello produttivo che non solo ha radici solide nel nostro passato ma che incarna anche una visione di sviluppo».

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«A livello nazionale — spiega Mauro Rosati, direttore generale di Fondazione Qualivita — lo Stato e i Consorzi di tutela hanno operato con visione, consolidando la tracciabilità, la comunicazione e la protezione giuridica delle produzioni certificate, contribuendo a generare valore e fiducia nei consumatori. Ma la forza del modello italiano non si esaurisce nella sua dimensione economica e normativa. In Italia, il cibo è parte integrante della cultura: è storia, rito, relazione, territorio. I paesaggi rurali, gli agriturismi, le feste tradizionali, le strade del gusto, i musei del cibo e i numerosi riconoscimenti Unesco. L’obiettivo è un turismo che non snaturi la tipicità, una valorizzazione delle sapienze agricole che eviti l’omologazione di prodotti e territori».

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Fonte: Corriere della Sera

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