Dop economy ligure. Fiori all’occhiello sono i vini DOP IGP della Riviera di Ponente e altre produzioni di alta qualità come l’Ormeasco di Pornassio, il Rossese di Dolceacqua e il Cinque Terre: le prospettive per il settore sono legate a sostenibilità e turismo.
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La Liguria può contare su 8 DOP: Cinque Terre, Colline di Levanto, Riviera Ligure di Ponente (in soldoni Pigato, Vermentino e Rossese di Albenga), Rossese di Dolceacqua (la più antica Doc della Liguria, risalente a più di 50 anni fa), Ormeasco di Pornassio, Val Polcevera, Golfo del Tigullio-Portofino e Colli di Luni (quest’ultima condivisa con la Toscana). A queste si affianca l’IGP Terre Ligure, che raccoglie produzioni di qualità tra cui la Granaccia che, tra Quiliano, Albenga e Roccavignale si sta affermando come vino di grande prospettive. Ogni denominazione è legata a vitigni specifici e a un’identità territoriale ben definita. Il Vermentino, aromatico e sapido, è il bianco simbolo del Levante, mentre il Pigato, geneticamente affine ma diverso nel profilo organolettico, domina il Ponente. Tra i rossi spiccano il Rossese di Dolceacqua, elegante e profumato, e l’Ormeasco, versatile e antico vitigno della Valle Arroscia.
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Oggi la Liguria, con la provincia di Savona in prima fila, vanta numerosi piccoli produttori che lavorano con passione, spesso in biologico, valorizzando i vitigni autoctoni e puntando sulla distintività. I vini liguri sono sempre più apprezzati anche all’estero, nonostante la produzione limitata: appena lo 0,2% del totale nazionale, poco più di 3 milioni di bottiglie l’anno. Un dato che però sottolinea l’artigianalità e il valore di un prodotto quasi “eroico“.
Le prospettive per il vino ligure sono legate a doppio filo alla sostenibilità e al turismo. La viticoltura, se ben comunicata, può diventare un punto di forza: non solo vino, ma paesaggio, storia, esperienze enoturistiche (cosa che sta facendo con successo Vite in Riviera, la Rete d’impresa con sede a Ortovero che raccoglie più di venti cantine del Ponente).
Il futuro, in ogni caso, passa anche dalla ricerca: cune cantine stanno sperimentando microvinificazioni, doni resistenti e pratiche agronomiche adattate ai cambiamenti climatici. Il legame con la tradizione resta forte, ma l’innovazione è necessaria.
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Fonte: La Stampa – Savona