La Repubblica – Bari

Grano pugliese che prende la strada della Campania, e grano canadese che si trasforma in pasta di casa nostra, vestendosi di noti marchi. Una contraddizione che separa i pastifici e che emerge dalle indagini del Corpo forestale dello Stato. Gli accertamenti, finalizzati a verificare in tutta Italia il corretto utilizzo del marchio Pasta di Gragnano IGP, si sono concentrati sulle ditte che, con sede legale nel napoletano, avrebbero dovuto produrre in loco la nota pasta, con le tipiche caratteristiche. Gli uomini del Nucleo tutela regolamenti comunitari, diretto dal commissario capo Alberto Di Monte

, e della Sezione di analisi criminale, diretta dal commissario capo Giuliano Palomba, in collaborazione con il Nucleo investigativo provinciale di Polizia ambientale e forestale di Napoli, hanno scoperto che tre ditte con sede a Gragnano, e che vantavano il tradizionale marchio, in realtà compravano la pasta da altre aziende situate fuori dalla famosa città, in un caso addirittura veniva prodotta a Pescara. I rappresentanti legali delle tre ditte sono stati denunciati per frode in commercio. Uno di questi, peraltro, conservava la pasta all’interno di cartoni inidonei a contenere alimenti. I controlli hanno portato al sequestro di circa 10 tonnellate di pasta e sono state elevate sanzioni amministrative per diecimila euro. Ma soprattutto hanno evidenziato quello che è ormai un trend consolidato. E cioè l’utilizzo, da parte dei maestri pastai di Gragnano, di grano pugliese, lo stesso grano in sostanza che i pastifici di Bari e Corato (Divella, Granoro, Riscossa, per citare i più noti) non ritengono di qualità sufficiente alla produzione.

LA_REPUBBLICA_10.pdf

ARGOMENTI TRATTATI: ,