L’Italia che combatte contro il nutriscore, cioè l’etichetta alimentare a semaforo che penalizza dall’olio extravergine al Parmigiano, serra le fila e cerca di fare lobby per convincere Bruxelles ad adottare un meccanismo di etichettatura alternativo. E primi frutti cominciano a vedersi. Ora gli agricoltori tedeschi sono con noi, così come i nutrizionisti olandesi. Ma soprattutto, siamo riusciti a spaccare il fronte francese: da una parte il governo di Parigi, che ha notificato a Bruxelles la sua proposta di Nutriscore; dall’altra gli agricoltori di Francia, contrari tanto quanto i nostri ai semafori rossi sui loro prodotti DOP più famosi.
Tutto questo fronte si sarebbe dovuto riunire a convegno oggi a Bruxelles, presso la sede del Parlamento europeo, se l’emergenza coronavirus non fosse intervenuta a stravolgere i piani. Tra gli speaker d’eccezione c’era anche Claude Vermot-Desroches: è il presidente di oriGIn Monde, che a livello internazionale riunisce tutti i consorzi di tutela delle DOP e delle IGP; ma quel che più conta, il suo nome rappresenta il formaggio francese Comté, una delle DOP più importanti del suo Paese. Per la Francia, diciamo, un equivalente del Parmigiano.
Di cosa avrebbe parlato oggi? «Avrebbe sollevato le sue perplessità sul sistema del Nutriscore», spiega l’europarlamentare Paolo De Castro, tra i principali organizzatori del convegno e tra i più strenui sostenitori in Europa della battaglia italiana contro il Nutriscore. «L’iniziativa che avremmo fatto oggi e che abbiamo dovuto rimandare – prosegue l’onorevole era stata organizzata con l’Fnsa, che è la principale organizzazione degli agricoltori francesi e con la Dbv che è il suo omologo tedesco. Questo raggruppamento trasversale è la dimostrazione che in Europa il fronte è molto articolato e che non è così scontato che tutti sostengano il Nutriscore». Attualmente, le proposte che sono state notificate a Bruxelles in materia di etichettatura alimentare sono tre. Una è quella del Nutriscore francese, che sulla falsariga dei semafori inglesi ma basandosi su un algoritmo più sofisticato attribuisce agli alimenti un bollino che va dal rosso al verde a seconda del contenuto in grassi, in zuccheri e in sali. «Poi c`è la proposta scandinava, il cosiddetto Key-hole – spiega De Castro – che in pratica mette il bollino verde ai prodotti che mostrano determinate caratteristiche salutistiche, ma che non prevede nessun bollino rosso per tutti gli altri. Infine, c’è il Nutrinform italiano, altrimenti detta etichetta a batteria».
È stato proposto dal governo italiano ed è ampiamente sostenuto da tutte le organizzazioni dell’agroalimentare made in Italy, da Federalimentare. Dalla parte del Nutriscore francese stanno soprattutto le grandi multinazionali, da Nestlé a Danone a Pepsicola, che hanno incassato anche il supporto ufficiale dei governi di Francia, Belgio e Germania. La Spagna? Supporta il Nutriscore in maniera non ufficiale, da quando per il suo olio extravergine di oliva ha ottenuto il bollino (se non proprio verde) almeno arancione grazie a una modifica dell’algoritmo che, in pratica, alza il punteggio ai grassi insaturi.
L’Italia, dal canto suo, ha incassato anche il supporto di i 77 nutrizionisti olandesi, che in una lettera indirizzata al loro Governo hanno espresso le loro critiche al modello francese. «Spero e credo che arriveremo a una mediazione tra le due posizioni – sostiene l’onorevole De Castro – è necessario infatti correggere alcune distorsioni del modello francese, che non tiene conto delle quantità di prodotto che il consumatore mangia. Eppoi, l’algoritmo fa la valutazione sul prodotto così come si presenta sugli scaffali, e non per come verrà consumato. Per intenderci: le patate da friggere avrebbero bollino verde, perché la materia prima è al patata. Peccato però che io le consumerò fritte». E le IGP? «Sostengo che dal sistema delle etichettature andranno escluse – sostiene De Castro – per un motivo molto semplice: la normativa europea impone loro di rispettare il disciplinare, non possono cambiare gli ingredienti delle loro ricette per venire incontro alle etichette, altrimenti finiscono per violare la legge».
Fonte: Il Sole 24 Ore