New York City è da sempre la capitale americana del vino, non solo italiano. Un mercato chiave per visibilità e valore, oggi però il consumo di vino è in forte calo tra crisi dei retailer, nuove abitudini salutiste e concorrenza di altri prodotti. Il settore si trova a un bivio, tra ristrutturazione e resistenza
Se gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato globale del vino New York ne è la capitale indiscussa, porta d’ingresso e vetrina privilegiata. Grazie alla sua posizione strategica, al numero di abitanti, alla lunga tradizione in termini di consumo e alla presenza di una fitta rete di ristoranti, wine bar e negozi specializzati, la città è da sempre un mercato chiave per ogni cantina voglia consolidare o espandere la propria presenza oltreoceano.
I numeri sono sontuosi, con il 2024 a rappresentare il record storico: ben 1,93 miliardi di euro il valore dell’export del vino italiano negli Stati Uniti, dato trainato nell’ultimo trimestre dell’anno dal timore di quei dazi poi effettivamente introdotti nel 2025 dall’amministrazione Trump. Di questa quota una percentuale molto rilevante è rappresentata proprio da New York, primo hub nazionale per valore e stato che da solo vale il 7/8 per cento dei consumi nazionali di vino.
Tuttavia, proprio questo luogo così vitale sta attraversando una fase di profondo cambiamento, che rischia di mettere a dura prova il consolidato mercato dei vini italiani di New York City.
Dentro l’apocalisse del mercato del vino, così era titolato un paio di settimane fa un lungo articolo pubblicato su Grape Collective proprio sulla crisi dei consumi che riguarda New York City. «La vendita al dettaglio di vino in America sta attraversando un periodo di stravolgimenti dovuti al cambiamento dei gusti, alle sfide economiche, a nuove tecnologie e tendenze culturali. Questa evoluzione è forse più evidente a New York, a lungo considerato l’epicentro del commercio di vini pregiati negli Stati Uniti».
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Fonte: EditorialeDomani.it