L’extravergine Brisighella DOP, simbolo della vallata del Lamone, da mezzo secolo punta su filiera corta, promozione e resilienza ai cambiamenti climatici
A Brisighella l’olivo è molto più di una coltura agricola: è identità, paesaggio e storia. La tradizione olivicola affonda le sue radici nell’epoca romana, quando i primi frantoi rudimentali vennero realizzati sulle colline che ancora oggi caratterizzano la vallata. Un terreno unico, fatto di arena e gesso, e un microclima mite anche d’inverno hanno reso possibile lo sviluppo di un’olivicoltura che, nei secoli, si è consolidata fino a diventare il fiore all’occhiello del territorio.
«L’agricoltura qui è sempre stata fondamentale, perché permetteva di valorizzare anche i terreni marginali», spiega Sergio Spada, presidente del Consorzio di Tutela e della Cooperativa Agricola Brisighellese – Terra di Brisighella.
Negli anni ’60 nacque la cooperativa, inizialmente vinicola, che pochi anni dopo aprì il frantoio. «All’epoca esistevano già quattro frantoi, ma mancava un progetto comune. Nel 1971, mettendo in sinergia i produttori, si arrivò a un prodotto d’eccellenza che in breve tempo superò i confini dell’autoconsumo».
Nel 1975 fu commercializzato il primo olio con il marchio Brisighello: quest’anno se ne celebra il 50° anniversario. La svolta arrivò nel 1996, quando l’olio di Brisighella ottenne per primo in Italia la Denominazione di origine protetta. Un riconoscimento che premiava non solo la qualità intrinseca del prodotto, ma anche l’impegno di una comunità coesa.
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Fonte: Corriere di Romagna