Quello della Turchia è un caso emblematico che racconta la crescente rilevanza strategica del cibo come leva diplomatica internazionale

Negli ultimi anni, la Turchia ha messo in atto una strategia strutturata e determinata per il riconoscimento delle proprie Indicazioni Geografiche nei registri europei. Un’azione che ha portato risultati evidenti: secondo un’analisi della Fondazione Qualivita, se fino al 2022 erano solo 8 i prodotti turchi con riconoscimento DOP o IGP nell’Unione Europea, oggi il numero è salito a 36, grazie a 28 nuove registrazioni ottenute tra il 2023 e il 2025. Un incremento che non ha precedenti nella storia recente del sistema delle IG comunitarie.

Questo dinamismo fa della Turchia il Paese Terzo con il maggior numero di prodotti alimentari DOP e IGP registrati in Europa, dopo due casi particolari: il Regno Unito, che ha mantenuto la protezione delle 87 IG già registrate prima della Brexit, e la Cina, che nel 2020 ha siglato con l’UE un accordo bilaterale per il mutuo riconoscimento di 100 IG per parte, che si sono aggiunte alle 10 già iscritte nel registro UE. Escludendo questi due scenari, la Turchia emerge con decisione davanti ad altri Paesi Terzi che storicamente hanno una presenza ridotta nel sistema europeo delle IG. Basti pensare che i Paesi che seguono in ordine sono la Norvegia con 5 prodotti riconosciuti e l’Indonesia e la Thailandia con 4.

Questo scenario elaborato dall’Osservatorio Qualivita, mostra dati tanto più rilevanti se si considera che oggi sono solo 23 i Paesi Terzi con almeno un prodotto del comparto cibo, vino o bevande spiritose registrato nel sistema delle IG europee. Il caso turco si staglia con forza, ponendosi come riferimento per una strategia che guarda all’Europa non solo come mercato, ma come arena di affermazione culturale e geopolitica.

Una strategia di posizionamento culturale ed economico

L’intensificarsi delle domande turche di registrazione non è frutto del caso. Dietro sembra esserci una precisa volontà strategica di rafforzare la presenza dei prodotti agroalimentari turchi nel contesto europeo, attraverso uno strumento come quello delle Indicazioni Geografiche, che tutela la reputazione, valorizza il legame con il territorio e attribuisce valore culturale al prodotto.

L’agroalimentare è oggi una delle leve più significative della diplomazia internazionale. Non solo in termini commerciali, ma anche in chiave simbolica. Lo dimostrano le numerose trattative bilaterali UE-Paesi Terzi, in cui le IG – pur rappresentando quote limitate del valore totale degli scambi – occupano una posizione centrale nei documenti negoziali. In effetti, le Indicazioni Geografiche non sono soltanto uno strumento tecnico di protezione: sono uno strumento di soft power, capace di veicolare identità, tradizione, autenticità. Un prodotto IG non parla solo di economia, ma di cultura e storia di un popolo. E proprio per questo viene spesso utilizzato come elemento qualificante all’interno delle politiche di proiezione internazionale dei singoli Paesi.

Un caso emblematico di soft power agroalimentare

In questa luce, la Turchia appare oggi come un caso emblematico. Con un investimento costante in know-how e nella costruzione dei dossier di riconoscimento, sta facendo delle IG una leva di legittimazione culturale nel panorama europeo. Non a caso, le richieste sono state indirizzate non solo verso prodotti famosi sul mercato locale, ma anche verso denominazioni fortemente identitarie, che ambiscono a essere ambasciatrici della cultura gastronomica turca in Europa.

Questo percorso – tutt’altro che secondario – si inserisce in un quadro più ampio in cui la Turchia, storicamente in dialogo con l’UE su molti fronti, si gioca anche una partita di riconoscimento e di presenza nel sistema di valori europeo.

In un’epoca in cui la sovranità alimentare e la valorizzazione delle specificità territoriali stanno acquisendo crescente centralità, il caso della Turchia dimostra come il settore delle Indicazioni Geografiche possa essere utilizzato come ponte diplomatico e strumento di integrazione culturale. Una mossa che parla tanto di economia quanto – e forse soprattutto – di identità.

>> SCOPRI I 36 PRODOTTI TURCHI DOP IGP <<

Fonte: Fondazione Qualivita

SCARICA ARTICOLO COMPLETO