In Italia se ne mangiano sempre meno come suggello finale dei pasto, ma pesche, pere e kiwi nostrani, a marchio DOP e IGP, sono amati in tutta Europa e nel mondo. Quanto sia importante la frutta nella storia dell’umanità lo rivelano i libri sacri e le usanze più ataviche. Basta affidarsi alle tradizioni religiose nate nel bacino mediterraneo e nel medio oriente all’ombra del mito della mela della Genesi e quelle altrettanto antiche dello zoroastrismo. Secondo l’antica religione persiana nella notte di Yalda, la più lunga dell’anno, il cibo d’obbligo sono il melograno, frutto divino nell’antica religione iranica, e l’anguria che servirebbe a superare il freddo dell’inverno con allegria. La frutta insomma riveste significati simbolici profondi nella vita dell’umanità che trascendono la salubrità alla quale fanno sempre più riferimento nutrizionisti e medici.
In Italia calano i consumi di frutta e verdura (e risulta seconda per consumo pro capite dopo la Polonia con 577 grammi giornalieri e tallonata dalla Germania: 452 grammi contro 442 dei tedeschi). Lo stabilisce un recente studio del Cso, il Centro servizi ortofrutticoli che ha sede a Ferrara, nell’ambito di un’iniziativa che ha come obiettivo quello di spiegare ai consumatori l’importanza per la salute della frutta di stagione. Trentasei i milioni di tonnellate prodotte di ortofrutta: 22 di frutta (di cui 4 milioni di agrumi) e 14 di ortaggi, «con dei primati assoluti europei e alcuni casi anche mondiali come le pesche, le pere, i kiwi dove siamo leader indiscussi a livello europeo, o come per i carciofi, dove siamo leader mondiali», confida Paolo Bruni, presidente del Cso. Risultati che si ripercuotono (o, scusate il gioco di parole, sono frutto?) nella assoluta supremazia numerica dei prodotti italiani tutelati dalle sigle europee: 15 DOP e 39 IGP riconosciute a fine febbraio 2015, per rimanere nell’esclusivo ambito della frutta. Un inno alla biodiversità a cui corrispondono ciliegie e pere, mele e clementine. Ma anche marroni e castagne.
Fonte:Vie del Gusto