In occasione del 25° anniversario della Fondazione Qualivita, Siena si è trasformata nel cuore pulsante di un evento straordinario: il Qualivita Festival. Con il sottotitolo evocativo “Il gusto della cultura, la cultura del gusto”, il Festival, organizzato in collaborazione con Treccani – Istituto dell’Enciclopedia Italiana, celebra l’incontro tra cultura, enogastronomia e innovazione, con un programma di incontri, dibattiti e performance dedicati al futuro delle eccellenze italiane.
Questo evento unico di incontri gratuiti è stato un momento di confronto aperto, rivolgendosi in particolare ai giovani, agli studenti e alla cittadinanza senese, ma anche a un pubblico più ampio, interessato al valore del patrimonio culturale e enogastronomico italiano.
Fondazione Qualivita ha analizzato, attraverso schemi concettuali, gli interventi dei realtori tenutosi da febbraio a maggio 2025.
Umberto Galimberti
La natura, l’uomo e la tecnica. Un filo da ricucire
Nel suo intervento al Qualivita Festival, Umberto Galimberti ha condotto un’appassionata riflessione sul rapporto tra natura, tecnica e civiltà. Partendo dalla visione greca della natura come “orizzonte di senso”, ha tracciato un percorso storico che ci conduce fino all’era della tecnoscienza, in cui la natura è ridotta a pura materia prima da sfruttare, e l’uomo — da “contemplatore” — si è fatto “dominus” distruttivo del pianeta.
Con forza critica, Galimberti denuncia lo smarrimento dell’etica e del senso, travolti da un apparato tecnico-economico che non si chiede più “perché fare”, ma solo “come fare meglio”. Una razionalità strumentale — quella della tecnica — che, priva di scopo e memoria, ha colonizzato ogni ambito della vita: dall’economia alla medicina, dalla politica all’istruzione. La politica ha perso la sua funzione regia, diventando ancella dell’economia; la scienza ha abbandonato la contemplazione per imporsi come dominio e manipolazione.
Eppure, in questo scenario critico, Galimberti chiama a una resistenza culturale. Invita a restituire valore al sapere umanistico, alla responsabilità, alla cura. Le istituzioni che si fondano sull’eccezione — come i Consorzi di tutela dei prodotti DOP IGP — custodiscono un sapere legato al territorio, alla qualità, alla relazione con la natura. In esse risuona ancora l’antico orizzonte di senso: non quello della tecnica, ma quello della physis. La vera innovazione oggi — ci dice Galimberti — è fermarsi, pensare, scegliere il senso. Prima che sia troppo tardi.
Stefano Bartolini e Patrizio Roversi
Economia della felicità
Nel dialogo tra Stefano Bartolini e Patrizio Roversi emerge una critica profonda al modello economico contemporaneo, che identifica la crescita con la felicità e il PIL con il benessere. Secondo Bartolini, la società attuale è affetta da una “povertà relazionale”, dove le relazioni umane – fonte primaria della felicità – sono state erose dalla logica del possesso e dalla competizione esasperata. L’“infelicità strutturale” alimenta consumi e produce crescita, in un circolo vizioso che mina la sostenibilità e la qualità della vita.
L’economista propone un cambio di paradigma: la felicità non è nel possedere, ma nel condividere. La società deve puntare sulla creazione di beni comuni e sulla rigenerazione delle relazioni, per permettere a ciascuno di vivere bene con meno. Esperienze come le Indicazioni Geografiche rappresentano esempi concreti di questa visione: sono modelli che generano valore attraverso la comunità, l’identità territoriale e la qualità relazionale del cibo. I Consorzi di tutela, in questa chiave, non sono semplici enti di controllo, ma presidi culturali che difendono un’idea di economia fondata sul legame tra le persone, sulla cura del territorio e sulla durata.
L’intervento si conclude con un messaggio politico e sociale: per contrastare la solitudine e la paura che alimentano i populismi, è necessario ricostruire comunità autentiche. Un modello basato su felicità, relazioni e beni comuni può rendere la società più sostenibile, più giusta e più umana.
Duccio Balestracci
Il Cibo di Siena
Nel suo intervento al Qualivita Festival, lo storico Duccio Balestracci propone una riflessione controcorrente sull’identità, le radici e la tradizione, concetti spesso utilizzati come baluardi retorici nel dibattito culturale e alimentare. Secondo Balestracci, l’identità non è qualcosa di fisso e immutabile, ma è per natura mobile, relazionale, frutto di scambi e contaminazioni. Anche la tradizione è una costruzione sociale: ciò che oggi chiamiamo “cucina italiana” è, in gran parte, un’invenzione recente, nata da narrazioni unificanti come quelle dell’Artusi.
Il professore invita a pensare il cibo non come oggetto da museo ma come prodotto vivo del paesaggio, della storia e della struttura sociale. “Mangiamo il paesaggio”, afferma, sottolineando il legame indissolubile tra ciò che mangiamo e l’ambiente che lo genera. In questa prospettiva, le Indicazioni Geografiche rappresentano un esempio virtuoso di come l’identità alimentare possa essere raccontata non in chiave nostalgica ma dinamica, valorizzando il meticcio storico dei prodotti DOP e IGP.
I Consorzi di tutela, in questo senso, assumono un ruolo culturale centrale: sono custodi attivi di un sapere collettivo, strumenti di narrazione che difendono e promuovono la diversità, la memoria e il rapporto tra comunità e territorio. In un’epoca segnata da omologazione e disidentità alimentare, il loro compito non è solo proteggere un marchio, ma restituire senso, racconto e qualità relazionale al nostro modo di mangiare.
Massimo Bottura Francesco Lollobrigida
La cucina italiana
In un dialogo intenso e ispirato, lo chef Massimo Bottura e il Ministro Francesco Lollobrigida hanno tracciato un ritratto potente dell’Italia che crede nella qualità come gesto culturale e politico. Bottura ha raccontato la sua cucina come “gesto d’amore”, radicata nei prodotti del territorio, filtrata da pensiero contemporaneo. Con una frase divenuta simbolo – “nelle mie vene scorre aceto balsamico” – rivendica la forza identitaria delle Indicazioni Geografiche (DOP IGP), strumenti che raccontano storie, paesaggi, mani artigiane. Tradizione, per lui, non è nostalgia, ma energia da proiettare nel futuro attraverso la creatività e la sostenibilità, anche umana.
Lollobrigida ha rilanciato il valore politico e sistemico delle IG: “si possono fare solo lì”, ha detto, sottolineando che rappresentano storia, ambiente, lavoro. I Consorzi di tutela emergono come infrastrutture civili della democrazia alimentare, garanti della trasparenza e della giusta ripartizione del valore. La candidatura della cucina italiana a patrimonio UNESCO, con la convivialità come cuore simbolico, diventa occasione per ribadire il ruolo dell’Italia come patria del “bello, buono, giusto”.
Il tour della nave Amerigo Vespucci, con il Villaggio Italia e l’Atlante Qualivita, mostra al mondo la forza dell’identità alimentare italiana. Insieme, Bottura e Lollobrigida lanciano un messaggio: il futuro si costruisce custodendo il passato, coltivando bellezza e responsabilità, e facendo dell’eccellenza agroalimentare un pilastro culturale, educativo e strategico per l’Italia.
Massimo Bray
La cultura del cibo in Italia
Nel suo intervento al Qualivita Festival, Massimo Bray ha delineato una visione profonda del valore culturale del cibo, proponendolo come strumento identitario e democratico. Il direttore generale dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana Treccani ha ribadito il ruolo fondamentale della lingua e della cultura nel raccontare l’Italia, sottolineando come il lessico legato al cibo sia parte integrante del nostro patrimonio. Citando Artusi, Bray ha ricordato che la cucina italiana è, fin dalle origini, narrazione, sapere condiviso, e ha rivendicato il bisogno di pensare al cibo come cultura, non solo come consumo.
In questo quadro, le Indicazioni Geografiche emergono come strumenti di tutela della biodiversità culturale e alimentare, raccontando le “identità plurali” dei territori italiani. I Consorzi di tutela, in particolare, sono stati riconosciuti da Bray come vere e proprie istituzioni civili: luoghi di costruzione di comunità, in cui si intrecciano economia, etica e memoria. Difendere i prodotti DOP e IGP significa per Bray proteggere un’idea di Paese fondata sul radicamento, sulla qualità, sull’intelligenza collettiva dei saperi artigianali.
Bray ha infine indicato la necessità di una nuova educazione alimentare: nelle scuole, nei musei, nei media. Educare al gusto è educare alla cittadinanza. E come l’Enciclopedia Treccani interpreta i mutamenti sociali e culturali, così il sistema delle IG deve farsi interprete del futuro, contrastando l’omologazione, valorizzando la differenza. Perché il cibo italiano – come la cultura – è un’opera collettiva, fragile e preziosa.
Luigi Lovaglio
Il valore
Nel suo intervento al Qualivita Festival, Luigi Lovaglio, AD di Banca Monte dei Paschi di Siena, riflette sul concetto di valore come fondamento etico, economico e culturale, intrecciando l’esperienza bancaria con i valori identitari dell’agroalimentare italiano di qualità. A partire dal suo incontro con l’Enciclopedia Treccani delle DOP IGP, Lovaglio individua nella pazienza, nella cura e nella radicazione territoriale i tratti comuni tra chi coltiva la terra e chi guida un’istituzione secolare come MPS. Le radici, dice, sono prerequisito del valore: tanto per un vino toscano quanto per una banca con cinque secoli di storia. E come nella filiera dei prodotti DOP IGP, anche in ambito finanziario il valore richiede coraggio, visione e responsabilità.
Attraverso esempi concreti — dalla gestione della crisi bancaria alla riforma organizzativa — Lovaglio mostra come il valore non sia un concetto astratto, ma un agire concreto: fatto di scelte giuste, lavoro duro, umiltà e talento condiviso. Con la metafora della “banca che evolve intorno al cliente”, afferma che come la terra gira attorno al sole, così le imprese devono ruotare attorno alla fiducia delle persone, proprio come fanno i Consorzi di tutela con i consumatori. In chiusura, presenta le 5 A del Valore — Avanguardia, Amore, Autenticità, Agonismo, Accelerazione — che rappresentano una guida tanto per il sistema bancario quanto per quello delle Indicazioni Geografiche. Per Lovaglio, creare valore è un gesto collettivo e narrativo: un intreccio di passione, competenza e bellezza che lega la finanza responsabile all’economia reale, il capitale umano al capitale simbolico delle eccellenze italiane.
Massimo Recalcati
Il valore delle Istituzioni nel tempo della complessità
Massimo Recalcati, al Qualivita Festival, ha offerto una potente riflessione sul significato profondo della “istituzione”, contestando l’idea populista per cui essa rappresenterebbe solo burocrazia e oppressione. Al contrario, l’istituzione è per Recalcati una forma vivente, un “soggetto collettivo” che custodisce il senso della comunità e la possibilità stessa della vita in comune. Essa è fondata non sul sangue o l’identità omogenea, ma sulla differenza, sull’incontro, sull’apertura. Come l’amore duraturo non è la ripetizione inerte del primo bacio, così un’istituzione resta viva solo se sa rinnovare il desiderio originario che l’ha generata.
Da questo pensiero emerge un parallelismo diretto con il mondo delle Indicazioni Geografiche e dei Consorzi di tutela: anch’essi nascono da un atto istituente – la difesa di un prodotto, di un territorio, di una cultura – e vivono solo se sanno rinnovare costantemente il fuoco della loro origine. I Consorzi, per funzionare, devono custodire l’identità (codice paterno), esercitare cura e riconoscere la singolarità di ogni produttore (codice materno), promuovere un senso di appartenenza collettiva (fratellanza) e dare voce all’eccezione, alla qualità che sfugge agli standard (codice femminile). È in questo equilibrio dinamico tra memoria e innovazione che si manifesta la democrazia della qualità agroalimentare. Un’istituzione che respira davvero.
A cura della redazione
Fonte: Consortium 27 / N° 02/2025