L’Isola delle eccellenze a tavola corre per ottenere i riconoscimenti di qualità. Sono 9 i prodotti siciliani che aspettano di ricevere le certificazioni DOP IGP: dal Cioccolato di Modica alla Provola dei Nebrodi. «La domanda di prodotti made in Sicily cresce in tutto il mondo, siamo la terra dei sapori e della bellezza. La parola “Sicilia” è ormai sinonimo di qualità e sicurezza alimentare», dice l’assessore regionale all’Agricoltura, Antonello Cracolici. I marchi DOP IGP – rilasciati da Bruxelles dopo un passaggio alla regione e uno al Ministero – certificano il rapporto col territorio e dettano regole stringenti per la produzione. Un antidoto contro i falsi e una spinta per aggredire nuovi mercati. E così fioccano le domande. Il Ministero sta valutando il riconoscimento DOP per l’Aglio Rosso di Nubia, il DOP per il Cappero delle Isole Eolie e l’IGP del Cioccolato di Modica. Sono, invece, ai primi passi le procedure per il Limone dell’Etna, il Mandarino di Ciaculli, la Pera Coscia di Castronovo di Sicilia, il Cappero di Salina, il Limone Costa Tramontana del Messinese e per la Provola dei Nebrodi. Nuovi ingressi che andrebbero ad allungare la lista dei 64 prodotti Food e Wine che hanno già ottenuto al 31 dicembre 2016 la certificazione. La Sicilia è la quarta regione in Italia per riconoscimenti agroalimentari.
Spesso la strada per ottenere il marchio è piena di ostacoli. Come a Modica, dove sta andando in scena la guerra del Cioccolato. In questi giorni si è affiancato al Consorzio di tutela un gruppo di altri produttori. «Chiaramente anche noi vogliamo il riconoscimento, ma abbiamo deciso di darci da fare perché ad oggi nessuno ci ha informato sul disciplinare che stabilisce come bisogna produrre il Cioccolato. Non sappiamo se da un giorno all’altro quello che i nostri laboratori creano è modicano o no», dice Pierpaolo Ruta, dell’Antica dolceria Bonajuto, a capo del gruppo “ribelle”. Il cioccolato modicano è l’oro nero della città ragusana: si stima un giro d’affari che va dai 6 agli 8 milioni all’anno. Ma ci sono già aziende che lo producono fuori dalla Sicilia e il rischio, sostengono i produttori, «è che si perda il legame col territorio».
Tra i fascicoli poggiati sulle scrivanie del Ministero, in attesa di volare a Bruxelles, per ottenere il marchio, c’è anche quello riguardante l’Aglio Rosso di Nubia. Una ventina di produttori lo chiedono per un motivo preciso: «Rischiamo di venire schiacciati dalla concorrenza sleale. Da un lato c’è un prezzo di vendita che va dai 5 ai 10 euro a treccia e dall’altro ci sono agli, spacciati per nostri, che vengono dalla Cina o dalla Spagna. All’estero, stima Coldiretti, sono falsi due prodotti alimentari italiani su tre, con il mercato mondiale delle imitazioni di cibo made in Italy che vale oltre 60 miliardi di euro. «E ovviamente vengono riprodotti anche le eccellenze siciliane», fanno sapere dalla Coldiretti regionale. A Palazzo d’Orleans è chiaro il pericolo: «Il nostro obiettivo è quello di sostenere la tracciabilità dei prodotti e la chiusura delle filiere produttive, per mantenere in Sicilia il valore aggiunto della produzione».
Fonte: La Repubblica Palermo