L’Unità
Dopo quasi sei anni il PD ritrova il Ministero delle Politiche agricole. Fu Paolo De Castro l’ultimo politico di sinistra a presidiare il dicastero di Viale XX Settembre, se si esclude l’interim di Enrico Letta. In un momento in cui tutto il mondo agricolo chiede alle istituzioni politiche una visione strategica arriva la nomina di Maurizio Martina, lombardo di 35 anni, partito dall’Istituto Agrario di Bergamo nella formazione di un’approfondita conoscenza del sistema agricolo italiano. L’attesa sul nuovo ministro è molta perché tutti gli attori del settore gli riconoscono volontà e capacità per affrontare le molte sfide in corso. A pochi giorni dalla nomina abbiamo provato, con il ministro Martina, a tracciare lo stato dell’arte e a dare una definizione dei punti cardine che faranno da guida nel suo percorso.
Ministro Martina, tante sono le aspettative per questo Dicastero che nel corso degli ultimi anni è diventato sempre più centrale nelle istanze della società italiana. Quali sono le prospettive?
“Siamo in una situazione diversa rispetto agli anni ’80, quando in molti pensavano che si potesse vivere senza agricoltura. Oggi il quadro è radicalmente cambiato; l’agroalimentare è un settore che riscuote attenzione vera. Io lo considero uno dei pilastri della ricostruzione del Paese: da solo vale il 17% del Pil e c’è ancora moltissimo da fare. Possiamo segnare dei punti di novità e portare alla massima potenza non solo la forza economica, ma a anche lo sforzo progettuale e strategico dell’agricoltura italiana”
Anche Matteo Renzi durante la replica alla fiducia in Senato ha sottolineato il tema del Made in Italy e della sua difesa come una delle priorità del governo.
“Apriremo subito un confronto per fare passi concreti. Il Made In Italy è una delle chiavi per riposizionare il paese usando al meglio il nostro soft power. Nel collegato agricoltura abbiamo già previsto alcune misure utili come il credito d’imposta per chi investe in piattaforme logistiche estere. Credo che si possa fare qualcosa di ambizioso dando il via, ad esempio, alla creazione di un marchio unico dell’agroalimentare italiano a partire dall’esperienza dei prodotti DOP da presentare durante l’EXPO. Dobbiamo parallelamente continuare ad agire anche nel campo dell’etichettatura per marcare sempre meglio la distintività dei nostri prodotti”
La macchina amministrativa dell’agricoltura italiana è molto complessa; esiste un problema di eccessiva burocratizzazione che più volte è stata definita un peso insopportabile per tutti i soggetti del settore. Come affrontare questo tema? “Su questo nodo conteranno i fatti, non le parole. Per quanto ci riguarda, semplificheremo il sistema degli Enti di questo Ministero come già previsto nel collegato agricoltura. Poi dobbiamo alleggerire gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese, snellire i tempi come abbiamo fatto per il silenzio assenso per l’apertura di una attività passando da 180 a 60 giorni e rendere più funzionali i controlli evitando inutili duplicazioni. Procederemo sempre chiedendoci se ciò che facciamo aiuta o complica il lavoro dell’agricoltore”.
Fra pochi mesi avrà inizio il semestre europeo a guida italiana. In campo agricolo le nazioni europee si aspettano molto dall’Italia, che considerano un modello di riferimento. Quali saranno i temi fondamentali?
“Il semestre europeo si colloca proprio a cavallo tra l’approvazione della nuova PAC e l’inizio dell’Expo di Milano. Potremo fare un bel lavoro individuando alcuni temi cruciali che non voglio anticipare ora. A breve andrò a Berlino, Parigi e Madrid per un primo giro d’incontri con i miei colleghi”.
Data la necessità di una programmazione a lungo periodo, può fornire una visione sulle tre aree di competenza del Ministero: politiche agricole, alimentari e forestali? “Per quello che riguarda il patrimonio boschivo dobbiamo rapidamente costruire una vera politica forestale affinché si possa utilizzare al meglio questa importante risorsa: rispetto ad altri paesi europei utilizziamo male le nostre potenzialità. Per le politiche alimentari lavoreremo a stretto contatto con il Ministro della Sanità cui sono assegnate parti delle competenze; sono convinto che il tema della qualità alimentare vada declinato con strumenti nuovi. Ma la vera sfida sarà mettere a punto un progetto strategico per l’agricoltura dei prossimi anni; dall’applicazione della nuova PAC ad un’idea di agricoltura moderna che prova a superare alcune impasse: filiere, reti di impresa, strumenti per l’internazionalizzazione, rapporto fra trasformatori, distributori e mondo agricolo. Per fare questo ci vuole un atto di coraggio da parte di tutti”.
I giovani stanno riscoprendo l’agricoltura come un’opportunità occupazionale duratura.
“In questi mesi ho visto esperienze formidabili di giovani che si sono messi a fare impresa in campo agroalimentare. Anche in questo caso occorre mettere a punto un piano di azione per promuovere l’occupazione e l’impresa giovanile nel settore, visto che l’Italia è al di sotto della media europea. In primis dobbiamo irrobustire “il tasso 0” previsto nel collegato per i mutui che finanziano investimenti fino ad 1,5 milioni di euro in progetti d’impresa”.
Guardando al futuro, l’e-commerce del food sarà la nuova frontiera degli scambi commerciali internazionali. L’Italia sembra pronta a questa sfida?
“Mi viene da dire subito una cosa provocatoria: bisogna inventarsi meno agenzie e fare più scelte strategiche anche in campo digitale e tecnologico. Siamo consapevoli che se l’Italia non farà subito una riflessione su questo tema e deciderà un asse strategico verrà inesorabilmente scavalcata. Questo è certamente un tema cruciale anche in vista del semestre europeo”.
Per finire una considerazione sull’EXPO.
“E’ una grande occasione per riposizionare l’Italia. Non capita spesso di poter ospitare per sei mesi oltre 140 paesi. Stia certo che lavoreremo sodo per esaltare il più possibile il protagonismo agroalimentare italiano”. L’Expo sta lì ad indicarlo chiaramente, l’agricoltura italiana deve riuscire a trasformarsi, ad assumere la forma di vero asset strategico del paese a coniugando i tre grandi livelli della sostenibilità dei sistemi: quello economico, quello sociale e quello ambientale. La convinzione e l’augurio è che il Ministro Martina possa essere l’abile traghettatore di questa grande trasformazione.
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