In occasione della Giornata mondiale dell’Acqua, prevista per oggi, Carni Sostenibili, iniziativa delle associazioni di categoria delle tre filiere italiane della carne (Assocarni, Assica e Unaitalia), ha evidenziato i dati sul water footprint della produzione nel nostro Paese. Per produrre 1 Kg di carne servono 11.500 litri di acqua, il 25% in meno rispetto ai 15.415 della media mondiale, di cui solo il 13% (pari a 1.495 litri) viene effettivamente consumato. Il restante 87%, è quindi “green water”, ovvero acqua piovana impiegata nella coltivazione delle materie prime per l’alimentazione degli animali.
Per impronta idrica, o water footprint si intende la quantità d’acqua contenuta in un alimento più quella che serve per produrlo. Si esprime in litri d’acqua per chilo di prodotto, e si divide in acqua blu (quella dei corsi d’acqua e delle falde), acqua verde (ossia quella delle precipitazioni) e acqua grigia (cioè quella che serve a riportare la concentrazione degli inquinanti ad un livello accettabile)”. Ogni alimento ha una sua impronta idrica, ma per i prodotti di origine animale la stragrande maggioranza dell’acqua utilizzata è quella verde, derivante dalle precipitazioni, che è gratuita. Al contrario l’acqua blu si paga, e anche molto, e ha senso usarla nel modo più razionale possibile
Le ragioni della virtuosità della realtà italiana sono da ricercarsi nel sistema zootecnico nazionale che, essendo basato sulla combinazione di allevamenti estensivi e intensivi, permette di ottenere una buona efficienza in termini di risorse impiegate per Kg di carne prodotta. Oltre a questo, la produzione bovina italiana avviene prevalentemente nelle zone con la maggiore disponibilità di acqua (ad esempio lungo il fiume Po e i suoi affluenti).
Fonte: Alimentando.info