Il Piccolo

C’è una piccola luce in fondo al tunnel. E non è quella dei fari di un Tir, semmai i segnali di coda di un treno che non si può perdere, quello della globalizzazione dei mercati. Le nuove frontiere del consumo adorano il made in Italy. Lo cercano, lo vezzeggiano, fanno follie per esibirlo o assaggiarlo. Anche per questo la vernice della 48a edizione di Vinitaly, sembra nascere all’insegna di un ottimismo che si credeva perduto. Il salone internazionale più importante, assieme a Bordeaux, per vini e distillati, fa da showroom per un comparto che in Italia vale oltre 12 miliardi di euro

, impiega 1,2 milioni di addetti e nel 2013 ha superato i 5 miliardi di export, in crescita del 7,3% sull’anno precedente, secondo i dati Istat, Assoenologi. E quest’anno “spalma” 4.100 espositori provenienti da più di 20 paesi su una superficie-record di 100mila metri quadri. Le cifre, del resto, sono state recepite e digerite persino a Roma. Dice Maurizio Martina, ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali: «Il vino è stato e sarà anche in futuro un grande ambasciatore del made in Italy nel mondo, un suo importantissimo punto di forza». Gli fa eco anche Gianni Zonin, portabandiera nel mondo del Vigneto Italia (uno dei quattro produttori di vino europei a poter contare su una superficie agricola di oltre duemila ettari), nonché presidente della Banca Popolare di Vicenza. «In questo Vinitaly il vino è il simbolo della ripresa del made in Italy, della nostra industria, di tutta l’economia. Tutti i segnali vanno in questa direzione, la ripresa».

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