Il dietro le quinte della produzione di Grana Padano è fatto di controlli rigorosi per garantire la qualità di ciò che arriva sulle tavole dei consumatori.
“L’Italia ha norme sanitarie molto stringenti, integrate da un disciplinare rigoroso, con l’applicazione garantita da controlli continui”. Francesco Masoero, professore di Nutrizione e alimentazione animale all’Università Cattolica di Piacenza, sintetizza così la catena che caratterizza la produzione e commercializzazione delle soluzioni con il bollino DOP, in particolare il Grana Padano, formaggio tipico del territorio.
“Sull’alimentazione dei bovini siamo all’avanguardia, ma queste costituiscono solo la cornice generale, all’interno della quale si innestano le norme relative al disciplinare, che sono più restrittive perché l’obiettivo è legare la produzione del Grana Padano al proprio territorio di produzione” racconta.
In concreto questo significa rispettare la tradizione del Grana Padano e quanto previsto dal disciplinare di produzione, secondo cui l’alimentazione delle bovine da latte è costituita da foraggi verdi o conservati. Nella razione giornaliera non meno del 50% della sostanza secca deve essere apportata da foraggi con un rapporto foraggi/mangimi, non inferiore a 1. Inoltre, almeno il 75% della sostanza secca dei foraggi della razione giornaliera deve provenire da alimenti prodotti nel territorio di produzione. L’articolo 4 del disciplinare di produzione indica gli alimenti ammessi, come i foraggi di prati permanenti, di erba medica, trifogli e in particolare il mais, che è la coltura caratteristica.
Il controllo degli alimenti che ogni produttore somministra alle bovine da latte viene effettuata da un ente terzo, il Csqa, “che è l’Ente di certificazione, indipendente dal consorzio di produzione, e si occupa di verificare che tutti gli alimenti e i mangimi siano coerenti con quanto previsto dalla legislazione e dal disciplinare di produzione del Grana Padano”, sottolinea Masoero.
Nel corso della verifica ispettiva presso i produttori latte, il Csqa controlla la corrispondenza delle condizioni riscontrate con quanto comunicato nella domanda di ammissione alla filiera e la capacità del soggetto produttivo di soddisfare i requisiti disciplinati, in relazione alle specifiche attività del richiedente, che sia un produttore o un
raccoglitore di latte, un trasformatore, un grattuggiatore o stagionatore.
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Fonte: La Repubblica