Quanto vale, solo in Europa, la contraffazione dei prodotti DOP e IGP? Il giro d’affari della contraffazione su cibi e bevande certificati DOP e IGP vale almeno 4,3 miliardi di euro, circa il 9% della produzione legale. Mentre il danno ai consumatori – che credono, in buona fede, di comprare prodotti originali e invece acquistano quelli che non lo sono – ammonterebbe a circa 2,3 miliardi di euro (pari al 4,8% del totale acquisti). E’ il quadro tracciato da un’analisi dell’Euipo, l’Agenzia UE per la tutela della proprietà intellettuale (si tratta di stime, perché all’indagine non hanno risposto tutti e 28 gli Stati membri EU, ma solo 17, per i quali,però, è accertato che la contraffazione di OP e IGP raggiunge un giro d’affari di oltre 3,5 miliardi).
I paesi più colpiti sono quelli con maggiore produzione certificata: in cima la Francia (con un giro d’affari da contraffazione di oltre 1,5 miliardi di euro), seguita da Italia (682 milioni), Germania (598 milioni), Spagna (266 milioni) e Grecia (234milioni). I prodotti maggiormente “vittime” di contraffazione e frodi sono il vino (giro d’affari da falsi di oltre 2,1 miliardi, pari all’84% del mercato legale), gli altri alcolici (811 milioni, pari al 12,7%), i formaggi (644 milioni, pari al 10,6%), le carni (402 milioni, ovvero l’11%) e frutta-verdura-cereali (94 milioni di falsi, pari all’11,5%).
Le principali violazioni, invece, riguardano imitazione ed evocazione del marchio, etichetta ingannevole e falsificazione delle specifiche, riguardanti ingredienti c/o lavorazioni (come il corretto impacchettamento o porzionamento del prodotto). Insomma, quel che ne esce è un quadro che – tra contraffazione vera e propria, frodi in etichetta e Italian Sounding – “si mangia” una fetta importante del Pil dell’agroalimentare europeo e soprattutto italiano. Ne ha parlato ieri anche il commissario europeo all’Agricoltura Vytenis Povilas Andriukaitis, a Parma durante la sua visita all’Efsa, l’Authority alimentare europea, che ha anche dato rassicurazioni in merito al TTIP specificando che “non si tratta di negoziare gli standard di sicurezza alimentare dell’Europa. Su questo – ha concluso – non negozi eremo mai».
Fonte: Il Sole 24 Ore