Corriere della Sera

Trentamila bottiglie di falso vino: etichette pretenziose, nomi famosi nel mondo, prezzi elevati. Dentro, liquidi da pochi euro. I carabinieri dei Nas hanno scoperto la grande truffa. I falsari hanno preso di mira Brunello di Montalcino DOP, Chianti classico DOP, Sagrantino di Montefalco DOP, Fiano di Avellino DOP, e anche il Sangiovese che il tenore Andrea Bocelli produce in provincia di Pisa. Il vino taroccato, dopo l’imbottigliamento, era venduto a supermercati, enoteche e su Internet, con finta fascetta statale di garanzia. Un giro d’affari di centinaia di migliaia di euro.

Non è una riedizione di Brunellopoli, lo scandalo di 6 anni fa provocato dalla scoperta che in alcune cantine il Sangiovese non era vinificato in purezza, come da disciplinare. Stavolta sono i produttori a essere sotto attacco. E il Brunello è vittima del suo successo. È un marchio famoso, fa incassare 165 milioni di euro l’anno per 12.730.000 bottiglie vendute soprattutto all’estero (67%). L’avanzata dell’export del vino italiano, che l’anno scorso ha toccato i 5 miliardi, attrae gli imprenditori della filiera del falso pronti a donare i grandi rossi come avviene per abiti, borse o scarpe. Pierre Godè, vice presidente di Lvmh (gruppo da 77.000 dipendenti in cui convivono marchi di champagne come Moët Chandon e di moda come Louis Vuitton) lo spiegava qualche settimana fa al Boroli Wine Forum ad Alba: «La contraffazione è uno dei maggiori problemi dei marchi.

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