Avvenire
Il silenzio. La pazienza. E i profumi della propria terra. È un pensiero d’amore quello che sta dentro una botte. Per 25 anni. Non c’è cascina o cantina, qui a Modena, in cui non ci sia una piccola, personale acetaia. Quella di un nonno o di un padre dedicata a un figlio che nasce. Con il mosto di vino delle viti di famiglia da cuocere e far fermentare. Un’eredità da consegnare a un’altra generazione. Un dono che matura nel tempo. Diventa “vecchio”. E quindi prezioso. Sprigionando tutta la sua essenza. Poesia, forse. Ma quando ci si imbatte in un produttore di aceto balsamico, con una ampolla di «tradizionale» in mano, si respira davvero questa magia. Quando libera qualche goccia senti tutta la potenza di questa terra. È il rosso antico di Modena che fa il paio con il rosso rampante della Ferrari di Maranello come ambasciatore di questo pezzo di Emilia nel mondo. «Una passione familiare, artigianale, che una volta rientrava persino nei lasciti testamentari – dice Mariangela Grosoli, presidente del Consorzio Aceto Balsamico di Modena IGP e a capo della «Del Duca», una delle aziende storiche, in campo da quattro generazioni e oggi con 22 dipendenti-. L’aceto balsamico s’intreccia con la storia e la cultura dell’antico Ducato Estense. E rappresenta ormai una fetta importante dell’economia del territorio.
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