Libero
Da anni si racconta una storiella sul vino. Pare che ai primi del secolo scorso la Baronessa de Rothschild, produttrice di un monumento in bottiglia qual è il «Mouton Rothschild», fosse raggiunta dal suo cantiniere preoccupato che aveva assaggiato un Cabernet prodotto in America. La Baronessa degustò, poi sibilò: «Buono, ma me ne preoccuperò tra 2000 anni». C’è voluto meno perché l’America cominciasse a dettare legge nel vino.
Prima lo ha fatto diventando l’Eldorado delle cantine del Vecchio Continente, poi ha imposto con alcuni suoi critici uno stile di vino corposo, legnoso, caramelloso che dimostrava l’incultura yenkee: volevano qualcosa che assomigliasse al Cuba libre piuttosto che al frutto della vite e del lavoro dell’uomo. Infine lo ha fatto dettando legge nella comunicazione. Ma oggi l’America – che nel frattempo ha imparato a bere bene e beve soprattutto italiano – si aggiudica un altro primato: è il paese che beve più vino al mondo. Più dei francesi, più addirittura di noi italiani che ci siamo ridotti a bere meno di 37 litri a testa.