Resta aperto il contenzioso fra Roma e Bruxelles sulla zona di imbottigliamento della grappa – bevanda spiritosa che vanta il riconoscimento europeo di indicazione geografica – e che secondo il nostro governo dovrebbe avvenire solo nella zona di produzione, mentre secondo la Commissione UE quest’obbligo costituirebbe una restrizione alla libera circolazione delle merci. Le problematiche sono state esposte dell’ex-ministro delle Politiche agricole, Marco Catania, che in un’interrogazione chiarisce come la possibilità di imbottigliare all’estero espone il prodotto sfuso a “importanti operazioni di vera e propria elaborazione, quali l’edulcorazione, la refrigerazione, la filtrazione e la diluizione della grappa, per citarne alcune, che rischiano di alterare le caratteristiche e la qualità dell’acquavite nazionale.
Il paradosso è che seppure tutte le suddette operazioni sono effettuate fuori dal territorio italiano, il prodotto finito ottenuto all’estero può continuare a fregiarsi dell’indicazione geografica ‘grappa’. Inoltre, l’indicazione geografica ‘grappa’ è sottoposta ad un altissimo rischio di contraffazione, ad esempio nel caso di miscelazione con generica acquavite di vinaccia non italiana o altri distillati dai costi decisamente inferiori”.Il ministro delle Politiche agricole, Maurizio Martina, ha spiegato che per cercare di dirimere la questione e non incorrere in una possibile procedura di infrazione, il governo ha interloquito a lungo con la Commissione Ue, inviando alcuni dossier tecnici a sostegno della propria scelta. Tuttavia, lo scorso 7 dicembre la Commissione Ue ha ribadito la propria posizione.
“Alla luce di questa situazione – ha detto il ministro – d’intesa con la filiera e con le organizzazioni professionali, stiamo valutando una proposta di scheda tecnica che preveda la realizzazione di tutte le fasi di elaborazione, ivi compreso il grado alcolico finito, nella zona di produzione. Si tratta di una soluzione che permetterebbe al prodotto di poter circolare allo stato sfuso solo dopo aver completato l’intera fase produttiva, incluso il raggiungimento del grado alcolico definitivo”. Secondo il ministro, questa soluzione di compromesso sarebbe “in grado di assicurare la qualità delle produzioni, evitando possibili fenomeni fraudolenti, in particolare dovuti al fenomeno della diluizione”.
Fonte: Ilfattoalimentare.it