E’ uno dei vini made in Emilia-Romagna più antichi del Belpaese. Ma è anche il più venduto nella in Italia, con 13 milioni di litri acquistati nel 2015 nella grande distribuzione, anche se ad amarlo più di tutti sono gli stranieri, a tal punto che il suo export supera di gran lunga la produzione nazionale. Di lui ne hanno scritto Catone e Virgilio, raccontando di una «Lambrusca vitis», ma oggi è conosciuto ovunque come Lambrusco.
Dagli anni ’70 è diventato anche DOP e IGP se prodotto, seguendo determinati criteri, tra Modena, Reggio-Emilia e Mantova, in un’area che presto diventerà uno dei primi cluster wine italiani. Un distretto in cui si punta a riconsolidarne il nome, partendo dal territorio dove ha avuto origine. «Si tratta di un progetto a medio termine utile per ottimizzare e ripensare tutte le attività che riguardano questa eccellenza: dall’imbottigliamento alla viticoltura di precisione. Oltre che per darsi delle regole comuni, e riproporsi a livello commerciale», spiega Ermi Bagni, direttore del Consorzio tutela del Lambrusco di Modena, di cui fanno parte 36 aziende locali, alle quali si aggiungono un’altra trentina di produttori che invece fanno parte dell’omonimo Consorzio reggiano.
Fonte: Corriere imprese Emilia