Uno studio Accredia rileva la crescente attenzione dei consumatori per prodotti DOP, DOCG, IGP e Bio
Nella miriade di marchi e simboli che costellano le diverse confezioni dei prodotti che compriamo, la differenza continuano a farla i loghi dell’Unione Europea. Ma come. sono percepiti realmente questi marchi dai consumatori? Se lo è chiesto Accredia, l’ente unico di accreditamento riconosciuto dallo Stato, che ha il ruolo di assicurare valore e credibilità delle certificazioni, accertandone la conformità alle regole obbligatorie e alle norme volontarie. Secondo l’indagine svolta in questi mesi, gli italiani effettivamente attribuiscono grande importanza ai marchi di certificazione di qualità agroalimentare. Sigle come Dop (Denominazione di Origine Protetta), Igp (Indicazione Geografica Protetta), Docg (Denominazione di Origine Controllata e Garantita) e Bio (Produzione Biologica) sono note alla maggior parte dei consumatori, tanto che un intervistato su tre ne sa addirittura elencare le caratteristiche.
Nelle cinque regioni italiane scelte a campione, Sicilia, Sardegna Emilia Romagna e Lombardia, Bio risulta essere la sigla più percepita per l’ 88,3% degli intervistati. Segue Doc indicato dall’ 84% degli intervistati, subito prima diDop acronimo conosciuto dal 71,9 % del campione. Questo sottolinea che nel mondo dei vini la percezione dei marchi è a oggi più alta rispetto al food, anche se di fatto dal 2010 anche il settore dei vini è entrato nel sistema comunitario delle Dop-Igp e tutte queste sigle sono destinate ad uniformarsi.
La crisi è una realtà: in questo momento gli italiani guardano soprattutto al prezzo, ma secondo l’indagine di Accredia per il menu di domani, per lasciarsi alle spalle un periodo non facile e in previsione di un nuovo anno almeno altrettanto impegnativo, cercheranno comunque prodotti bio e certificazionidi qualità, perché queste sigle sono viste come garanzia di affidabilità per il 79,3 % degli intervistati, e questo è un dato estremamente rilevante perché indica come finalmente il concetto di qualità venga direttamente associato al logo Ue.
I marchi di certificazione, pur essendo variabili importanti per l’acquisto di un prodotto, nella considerazione dei consumatori, vengono comunque dopo prezzo, marca, tipicità, aspetto nutrizionale, comodità d’uso e rispetto dell’ambiente.
Neanche il Natale ha fermato la crisi dei consumi alimentari
Se qualcuno aspettava il Natale, sperando in un aumento delle vendite dei prodotti alimentari, da ormai un bel poi n calo, si è sbagliato di grosso. Nonostante che le prime stime confermino una predilezione degli italiani per ricette tradizionali con prodotti del territorio, con bolliti, cappelletti in brodo e pizze rustiche al posto dei cibi esotici, i consumi del Natale sono comunque andati veramente male. Un calo, secondo tutte le stime, che oscilla dal -1,5% sul 2010 di Federconsumatori, al -18% di Coldiretti, passando per il -10% di Telefono Blu Consumatori. La situazione è talmente critica che non ci sono previsioni ottimistiche neppure per Capodanno. Per il solo Natale è stata stimata una perdita di almeno il 18% del mercato. Secondo Coldiretti sarebbero stati spesi 850 milioni di euro per pesce e carni (compresi i salumi), 490 milioni per spumante, vino ed altre bevande, 400 milioni di euro per i dolci, panettone e pandoro in testa, 270 milioni di euro per ortaggi, conserve, frutta fresca e secca, e 190 milioni di euro per formaggi e uova, a discapito di caviale, ostriche, salmone e champagne.
Ma è la prima volta che la crisi ha colpito così duramente anche gli alimentari. Forse all’estero i nostri prodotti sono andati meglio? No, perché il falso gastronomico è prediletto dagli stranieri: 2 piatti su 3 di ispirazione italiana o con annunciati ingredienti italiani, sono realizzati con materia prima non italiana.
Plasmon contro Barilla Ultimo atto dello scontro
ITALIA – «La sentenza emessa conferma la giustezza dei nostro pensiero». È questo il commento di Antonio Maria Cartolari, direttore comunicazione di Plasmon, a proposito dei dispositivo della sentenza dei Giuri dell’Autodisciplina Pubblicitaria relativo alla denuncia presentata da Barilla verso la Pubblicità Plasmon avente a oggetto un raffronto tra i prodotti per l’Infanzia (biscotti e pasta) Plasmon con quelli della Barilla (pasta e biscotti). Nelle prossime settimane saranno rese pubbliche le motivazione della sentenza.
«Vetrine trasparenti», svolta in Gran Bretagna
REGNO UNITO – Vetrine trasparenti, nel vero senso della parola. La Food Standards Agency, in partnership con le autorità locali, ha introdotto nel Regno Unito il sistema Food Hygiene Rating Scheme, per comunicare ai consumatori il rispetto degli standard igienici da parte di supermercati, ristoranti, bar, caffè. L’obiettivo di questa iniziativa è duplice: da una parte le autorità si prefiggono di fornire una corretta informazione; dall’altra è chiaro l’intento di ridurre il più possibile le tossinfezioni alimentari.
Bibite gassate, che cosa va scritto sull’etichetta?
USA – Per scoraggiare l’utilizzo di bevande zuccherate e gassate, tra le cause principali deilobesità, non è sufficiente indicare il numero delle calorie in etichetta. Più incisive sembrano le informazioni su quanta attività fisica serve per smaltire bevande, ma anche cibi poco sani, un ottimo deterrente, soprattutto tra gli adolescenti. Secondo Sara Bleich della “Johns Hopkins Bloomberg School of Public Healt” di Baltimora, autrice della ricerca, se si sapesse che per smaltire una lattina di una bibita gassata sono necessari 50 minuti di corsa se ne venderebbero la metà.