Caos perla pubblicità che confronta cibi per bimbi li Tribunale di Milano: «ingannevole e denigratoria»
La crisi morde, soprattutto i consumi e le aziende si difendono come possono. Potrebbe essere questa la chiave di lettura della guerra fra due grandi plaver del food internazionale. Il casus belli è rappresentato dalla campagna pubblicitaria della Plasmon che mette in evidenza le caratteristiche dei suoi prodotti per l’infanzia (bimbi sotto i 3 anni) comparandoli con quelli della linea I Piccolini della Barilla. Quest’ultima ha fatto ricorso al Tribunale di Milano che ieri ha disposto un provvedimento di urgenza contro la Plasmon intimando la cessazione della pubblicità considerata «ingannevole» e «denigratoria».
«È da 15 anni che è possibile far pubblicità comparativa, ma di fatto in questo settore, e a questo livello, è la prima volta in Italia – commenta l’esperto pubblicitario Marc Bianchi – al contrario di quanto accade invece nei Paesi anglosassoni». Da noi sembra esserci stato una sorta di tacito accordo a non utilizzare certe forme di concorrenza. Ma, nel momento in cui i consumi alimentari scendono di svariati punti, tutto salta. Si cercano nuovi segmenti di mercato, si inseriscono nuovi prodotti della linea babyf ood ed è la fine di uno status quo.
Una cosa va precisata: chi fa alimenti per l’infanzia come Plasmon – e l’ha sempre fatto bene – deve sottostare a regole e normative molto rigide per garantire sicurezza e qualità (Direttiva 2006/125/CE). Nel nutrire un neonato che ha una forte capacità di assorbimento dei contaminanti e un peso limitato si deve stare attenti a non portare nel ciclo produttivo elementi che potrebbero arrecare danno alla salute. Altra cosa è produrre alimenti per adulti, dove gli standard qualitativi sono sì elevati, ma molto meno rigorosi del baby food. E in questo segmento Barilla ha sempre dimostrato di saper fare bene il suo lavoro.
Allora qual è la morale di questa vicenda che ha spiazzato i consumatori? Se da un lato lo scontro, o meglio la comparazione, può essere positivo in quanto favorisce un meccanismo di miglioramento, dall’altro si palesa il solito problema della trasparenza verso il consumatore. E se qualcuno pensa che la nuova normativa sull’etichettatura risolva tutti i problemi, si sbaglia. La vera etichetta dei prodotti è e rimane il marketing con cui le aziende continueranno a posizionare i propri prodotti facendoli percepire secondo le esigenze di mercato. Tra qualche anno i tribunali decideranno chi ha ragione tra Plasmon e Barilla, nel frattempo la tanto sperata trasparenza nei confronti del consumatore chi la garantirà?
Pacchetto Latte: accordo europeo per la programmazione produttiva
Il «Pacchetto Latte» sembra finalmente vicino alla definizione. Con l’accordo raggiunto negli ultimi giorni tra Consiglio e Parlamento europeo, stilla proposta della Commissione, viene attribuito alla filiera lattiero-casearia un sistema di regole riorganizzato e coerente con lo scenario attuale, che fornisce quelle risposte che gli allevatori europei e le associazioni di settore aspettavano da tempo.
È dall’inizio dalla grande crisi del settore, quando il prezzo del latte accordato dal mercato non riusciva a coprire i costi, che i produttori, costretti a razionalizzare, portano avanti, con ogni mezzo, la battaglia. Come hanno fatto del resto le varie associazioni, l’italiana Aicig e la francese Cnaol, che hanno illustrato in ogni sede le difficoltà del settore e la necessità di intraprendere misure in grado di rimetterlo in piedi. Il documento adottato sembra andare in questa direzione. Programmazione, organizzazioni dei produttori, contratti tra agricoltori e trasformatori e soprattutto i prezzi, questi i principali punti su cui si è giunti all’accordo da Bruxelles.
Ora bisogna aspettare i passaggi formali in Consiglio e in commissione agricoltura del Parlamento europeo, prima della definitiva approvazione a febbraio da pane dell’Assemblea. Il paventato passaggio delle principali Indicazioni Geografiche italiane e straniere al sistema privatistico del marchio sembra quindi scongiurato: le denominazioni di Origine non diventeranno Spa.
Vini italiani negli Usa Ma solo con «etichetta»
Stati Uniti – La DOC Prosecco trova tutela nel mercato americano. Con l’entrata in vigore della modifica all’accordo tra la allora Comunità Europea e gli Stati Uniti d’America sul commercio del vino, viene stabilito il divieto di immettere sui mercati statunitensi vini che non siano etichettati in conformità agli accordi CE-USA. Vittoria e sospiro di sollievo per i produttori italiani che potranno affrontare il mercato americano con un altro spirito, contribuendo ad alimentare una voce, quella dell’export dei vini, che nel solo 2011 ha registrato un +13%.
Direzione Generale Agri Pubblicato il rapporto
Europa – Dopo tre mesi di consultazione pubblica sulle politiche di informazione e promozione dei prodotti agricoli europei, la “Direzione generale dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale” della Commissione Europea, ha pubblicato il rapporto in cui vengonosintetizzati i suggerimenti, le proposte e le critiche degli stakeholder, delle autorità pubbliche e di tutti i cittadini europei. Diversi punti di vista, ma anche analogie, come la necessità di modernizzare la politica di promozione dei prodotti agroalimentari europei.
Funghi porcini cinesi «spacciati» per italiani
Italia – Più di 5 quintali di funghi porcini secchi provenienti soprattuttodalla Cina, ma commercializzate come prodotto italiano, sono state sequestrate dal Corpo forestale dello Stato nel corso di un’operazione condotta in Lombardia, Piemonte, Veneto e Campania. Le confezioni venivano poste in vendita sugli scaffali dei supermercati con etichette riportanti in modo esplicito il riferimento all’Italia come luogo di origine dei prodotto. Ancora un esempio di italiansounding, un fenomeno da contrastare a tutela dei consumatori e dei Made in Italy.