È giusto dare il nome di una tipicità italiana a un prodotto coltivato e confezionato all’estero? D’istinto verrebbe da rispondere di “no”. Ma la realtà è molto più complessa e la vicenda dei pelati San Marzano dimostra quanto possa essere sottile il confine tra ciò che è legale e ciò che non lo è. Tra i maggiori alfieri del made in Italy nel mondo, da sempre i pomodori San Marzano vengono coltivati in un’area molto ristretta a cavallo tra la province di Salerno, Napoli e Avellino. Dal 1996 il pomodoro pelato San Marzano ha ottenuto la certificazione DOP. Solo i pomodori coltivati e confezionati nei 42 comuni elencati dal disciplinare possono essere etichettati con la dicitura “pomodoro San Marzano dell’agro Sarnese-Nocerino” e fregiarsi del marchio DOP . Per il consumatore è una garanzia importante: la prova che i pomodori sono cresciuti in quel microclima unico, tra il mare e il Vesuvio, e che nei barattoli finiscono solo frutti perfetti sotto ogni punto di vista. Il San Marzano, come ogni produzione DOP IGP, è protetto dalla legge in tutta Europa. La dicitura e il marchio DOP non possono essere imitati né contraffatti. I prodotti che non rispettano le regole devono essere ritirati dal mercato. Falsi online. E di imitazioni ce ne sono davvero tante. Sugli scaffali dei supermercati, soprattutto all’estero, e sul web. Facendo una rapida ricerca su Amazon ne abbiamo trovate almeno sei. Si va dai “pomidori San Marzano” coltivati in California a grossolane imitazioni del marchio DOP , facili da riconoscere per un italiano, meno per uno statunitense. Per combattere la pirateria alimentare, che secondo un’indagine di Confragricoltura costa all’Italia circa 4 miliardi di euro l’anno, esiste la “tutela ex officio” per cui le autorità alimentari europee sono obbligate a intervenire in caso di contraffazione di prodotti DOP o IGP di qualsiasi stato membro. Non è facile quantificare il danno economico per il San Marzano, ma se la piaga dell’Italian Sounding non esistesse è probabile che nel 2014 (l’ultimo dato disponibile), l’export non si sarebbe fermato a 6,2 milioni di euro, come certificato dalla banca dati Qualigeo.
Il ministero per le Politiche Agricole (Mipaaf) ha stretto accordi con due giganti dell’e-commerce come Alibaba e Ebay per eliminare in modo rapido le inserzioni di falsi prodotti italiani. Ora si sta lavorando anche a un accordo con Amazon. Il San Marzano è di tutti. Tutto molto chiaro, quindi? Non esattamente. In questa guerra dai contorni netti tra pomodori autentici e taroccati c’è una sfumatura. Tutto nasce nel febbraio scorso, quando in Belgio sono stati scoperti dei pomodori pelati locali etichettati come “San Marzano”. L’eurodeputata italiana Mara Bizzotto ne ha chiesto conto al commissario UE all’Agricoltura Phil Hogan. “La varietà di pomodoro San Marzano – ha risposto Hogan – può essere coltivata al di fuori dell’area geografica delimitata e non è appannaggio dei produttori italiani”. Le parole di Hogan hanno fatto indignare molti in Italia, sia politici che addetti ai lavori, come il presidente del consorzio di tutela della DOP, Tommaso Romano. Ma la realtà è che Hogan ha ragione: la DOP tutela solo i pomodori pelati e non quelli freschi. E c’è di più: si possono commercializzare pomodori pelati e denominarli “San Marzano” purché non ci sia alcun riferimento all’Italia o – nel caso di produzioni italiane – all’agro Sarnese-Nocerino. Lo conferma il Mipaaf a National Geographic: “I pomodori San Marzano possono essere coltvati ovunque, sono varietà al pari delle melanzane, delle zucchine o dei peperoni. Chi produce un pelato proveniente da queste varietà, senza alcun riferimento all’Italia in etichetta, agisce nella legalità” fanno sapere dal dicastero. Il presidente del Consorzio di tutela Giuseppe Romano, però, continua a pensarla diversamente: “Non siamo d’accordo con le frasi di Hogan – spiega al telefono – e per noi, ogni volta che si nomina il San Marzano si evoca la produzione DOP . Anche quando si vende il prodotto fresco non trasformato”. Come reazione alle frasi del commissario Ue, nel febbraio scorso Coldiretti ha proposto ai sindaci dell’area della DOP di tutelare anche il pomodoro fresco, e non solo quello trasformato.
Il seme scomparso. Il problema però è all’origine. La cultivar “San Marzano”, dalla quale è nato tutto, non esiste più, distrutta da una virosi e ufficialmente cancellata dal catalogo delle varietà nel 1991. Oggi per i mitici pelati San Marzano si utilizzano quattro varietà che della madre conservano parte del patrimonio genetico e il riferimento al San Marzano nel nome. Ma questi semi possono essere utilizzati da tutti, non solo dagli agricoltori delle province di Salerno, Napoli e Avellino. Lo ha confermato lo stesso ministro Maurizio Martina lo scorso 2 marzo in risposta a un’interrogazione parlamentare. “E’ lo stesso discorso della mozzarella di bufala: chi la produce, anche al di fuori dell’area DOP , la può e la deve etichettare come ‘mozzarella di bufala’ perché di quello si tratta. L’importante è che non imiti il marchio DOP e che non contenga riferimenti alla Campania” spiega Dario Dongo, fondatore del sito Great Italian Food Trade ed esperto di diritto alimentare. “Allo stesso modo nessuno può vietare a un’azienda di produrre il pesto di basilico in Lombardia o in Campania, basta che non lo chiami ‘pesto alla genovese’ e che non ci siano richiami grafici alla Liguria o Genova”. Nell’immaginario collettivo alcuni alimenti sono e resteranno sempre legati a una ristretta area geografica. Vale per la pizza, per la mozzarella di bufala, per il San Marzano, per il pesto e tante altre prelibatezze italiane. Tuttavia, nessuna legge può vietare a un belga o a un americano di commercializzare pizze, mozzarelle di bufala, pomodori San Marzano o pesto. L’importante è che non inganni il consumatore e gli fornisca tutti elementi per scegliere: “è una pizza, ma non viene da Napoli”. Un prodotto in crisi. Al di là della questione San Marzano è tutto il comparto del pomodoro italiano a soffrire. Secondo uno studio di Icex, l’istituto spagnolo per l’export, l’Italia è scivolata al settimo posto tra i maggiori esportatori di “oro rosso”. Non è tanto il fatto di trovarsi dietro a Spagna e Marocco, quanto quello di avere davanti Germania, Belgio e Francia a preoccupare gli addetti ai lavori. Nel 2015 le vendite di pomodori verso i paesi UE sono diminuite del 6,4%. Il San Marzano e tutti i suoi “fratelli” sono attesi da una sfida difficile ma vitale. In ballo non c’è solo il successo del Made in Italy, ma anche migliaia di posti di lavoro.
Fonte: National Geographic