La Pesca di Leonforte IGP matura più tardi delle altre pesche, da settembre a metà novembre e ogni frutto cresce sugli alberi protetto da un sacchetto di carta per evitare il flagello della mosca mediterranea. E’ un prodotto di nicchia, di grande qualità che si caratterizza per le sue proprietà organolettiche, profumatissima, di colore giallo intenso con la polpa soda e dolce e per la quasi totale assenza di residui tossici.
La pesca di Leonforte non è una ma tante antiche varietà locali. La produzione media annua è di 400 tonnellate, di cui solo la metà o meno è destinata a diventare IGP. A coltivarla sono 20 produttori aderenti al Consorzio di tutela nell’entroterra siciliano in provincia di Enna, nel territorio di Leonforte si ha la più significativa produzione ma anche ad Assoro, Agira, Enna e Calascibetta. La distribuzione avviene per il 90% in Italia, anche in grandi catene della Gdo, tuttavia forniture sono state inviate in Germania e, per la prima volta, a Dubai.
Quella della pesca di Leonforte è comunque la storia di una piccola ‘follia’, di un lavoro certosino che inizia a giugno, ogni anno. I frutti ancora piccoli e verdi vengono insacchettati a mano uno a uno, i sacchetti di carta pergamenata vengono chiusi con un filo di ferro e proteggono la pesca dalle mosche ma anche dal vento, dalla grandine consentendo di raccogliere i frutti quando sono dolci e maturi. Alla fine di settembre i sacchetti con il loro prezioso contenuto vengono staccati dall’albero, si scartano le pesche e si selezionano sempre a mano.
“Questo frutto definito tardivo, in quanto raccolto da settembre a novembre – afferma il segretario generale di Aicig Leo Bertozzi, – è espressione di eccellenza di un sistema delle DOP e IGP a livello europeo” “La tecnica di coltivazione ‘insacchettata’, nata negli anni Settanta per ovviare ad un inconveniente fitosanitario: la presenza della mosca mediterranea – spiega il presidente del Consorzio della Pesca di Leonforte IGP Carmelo Salamone – e la mancanza a quel tempo di trattamenti antiparassitari conosciuti per combatterla, furono una svolta nella coltivazione di questo frutto che non identifica una sola varietà ma tante vecchie varietà locali unite dal comune denominatore di maturare tardi.”
Fonte: AdnKronos