Di offerta non ce n’è molta. Tanto che il Consiglio oleico internazionale – Coi, ha già stimato per fine campagna una forbice tra produzione e consumi mondiale di oli di oliva di circa 200mila tonnellate, l’equivalente di un 50% del potenziale produttivo italiano. Che la domanda continui a tirare lo dimostrano anche le dinamiche più recenti sulle importazioni, stimate per fine stagione (al netto dei flussi di scambio intra-UE) attorno a 800mila tonnellate circa un terzo della produzione globale. Sono soprattutto i Paesi non europei alcuni dei quali anche produttori ma solo per modesti quantitativi, a imprimere vigore al commercio internazionale. Il bilancio di quattro mesi di campagna 2016/2017 rivela in base a un’analisi del Coi incrementi a doppia cifra in tutti i principali importatori extra UE. Gli USA, il mercato in assoluto più ricettivo con un potenziale di importazioni di 300mila tonnellate annue, cresce ma a un ritmo chiaramente più moderato rispetto ai paesi emergenti.
Per la produzione mondiale correzione al ribasso del 14%. L’unica nota positiva è la crescita su scala mondiale delle superfici a oliveto che nel periodo compreso tra il 2014 e il 2016 hanno fatto segnare un + 10%, portandosi oltre la soglia di 11 milioni di ettari. Sui mercati internazionali nel frattempo i prezzi – in base alla rilevazione del Coi- hanno mantenuto un trend di ascesa. Per gli extravergini spagnoli la quotazione ha chiuso il mese di marzo su un livello di poco superiore ai 3,80 euro chilo, facendo segnare un divario positivo del 20% su base annua. Balzano sopra la soglia dei 6 euro (con punte di 7 euro per il biologico) gli oli di oliva italiani rincarati in un anno di oltre il 70%.
Fonte: Il Sole24Ore – Agrisole